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To be Continued - Storytelling come mezzo della propria narrazione aziendale

I personaggi e lo Storytelling: come fondere Disney e Marketing

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Dai miti dell’antica Grecia ai cartoni di Walt Disney, tutti ci siamo emozionati almeno una volta ascoltando una storia. È il potere dell’immaginazione e della parola che riesce a creare mondi interi. E non dobbiamo cadere nell’errore che le storie siano solo “cose da bambini”. È caratteristica propria della natura umana quella di immedesimarsi in una narrazione che si dipana di fronte a noi ed è questo che, oggi, viene chiamato storytelling.

Molto più che un semplice racconto, ma un modo per raccontarsi che può essere declinato anche al servizio del marketing. In questo caso, parliamo di corporate storytelling, realizzato attraverso tutti canali di comunicazione che conosciamo, dai social network ai blog. Oggi, però, non siamo qui a parlare in generale dello storytelling, ma a condurvi a nostra volta alla scoperta di una storia, quella di Joseph Campbell, Christopher Vogler e dell’Eroe dai Mille volti. Grazie ai loro studi, infatti, per noi è ancor più semplice creare storie e personaggi capaci di emozionare e, di conseguenza, di aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi strategici.

Perché lo storytelling è così importante per i brand?

Infatti, è cruciale sottolineare come l’efficacia dello storytelling in ambito aziendale, che tu sia un blogger o un rappresentante di un brand, si misura nella capacità di contribuire a raggiungere gli obiettivi strategici che ci si pone, e questo significa sia un aumento della popolarità e della memorabilità del tuo brand, sia un aumento delle vendite.

È importante che questo aspetto venga mantenuto come Stella Polare sia durante la stesura del piano editoriale, sia durante quella di un blog post.

Abbiamo detto che lo storytelling ha il vantaggio, immediato ed intuitivo, di stimolare l’emozione del lettore, ma è questo l’unico motivo per cui è uno strumento prezioso per chi si occupa di digital marketing?

Tutt’altro. Una storia, infatti, consente anche l’immersione nella vicenda, l’immedesimazione con le vicende del personaggi, un coinvolgimento sincero nelle sorti di quelli che percepiamo come “buoni”. Nei protagonisti della storia ci riconosciamo e, naturalmente, tendiamo a sovrapporre le loro vicende, le loro emozioni e i nostri bisogni con i loro.

Questo approccio non è limitato solamente alle grandi aziende con grandi budget! Infatti è una strada percorribile anche dalle piccole aziende che stanno studiando la propria content strategy locale.

Se tutto ciò è calibrato con attenzione e bilanciato con maestria – ragion per cui lo storytelling è per tutte le aziende ma non è un mestiere per tutti – i risultati si coglieranno presto. Ma da dove partire?

Come scrivere una storia efficace: dalla struttura ai personaggi

“C’era una volta…”, tutte le favole e le fiabe della nostra infanzia iniziano in questo modo, ma se il nostro target non sono i bambini o il nostro obiettivo non è riportarlo all’infanzia, questo non è l’incipit più adatto. È bene sottolinearlo, non esiste un solo modo per iniziare a raccontare una storia, così come sono tanti gli elementi utili per svilupparla in maniera efficace. In questo senso, è importante che il proprio racconto sia abbinato al giusto tone of voice, perché l’immagine aziendale non perda mai il proprio focus. Questo è vero per le pagine commerciali utilizzate nelle campagne Google Ads e nelle campagne SEO, ma anche per gli articoli, che devono trasportare il visitatore e non solo raccontargli una storia, ma anche convincerlo che sia la storia giusta per lui.

Gli studiosi di marketing e storytelling hanno individuato 5 elementi imprescindibili per elaborare una struttura per una storia efficace:

  1. Introduzione per presentare la situazione e i personaggi;
  2. Il contesto, arricchito sempre da un problema o una sfida da affrontare;
  3. L’apparizione dell’eroe, il protagonista della storia con il quale entrare in contatto e in empatia;
  4. Il finale, lieto oppure drammatico
  5. La morale, ovvero il messaggio che la nostra storia vuole lasciare al lettore.

Appare chiaro, dunque, come lo studio e l’elaborazione dei personaggi sia cruciale per poter realizzare un esperimento di storytelling di successo. Quello che forse non tutti sanno è che molte delle storie più note, da Mary Poppins a Star Wars, sono basate sulla teorizzazione di uno studioso e di uno sceneggiatore che, nella seconda metà del Novecento, hanno teorizzato le caratteristiche dell’eroe. Una struttura e una caratterizzazione che, ancora oggi, può darci molte soddisfazioni, nonché una grossa mano quando tocca a noi cimentarci con lo storytelling.

Campbell, l’Eroe dai Mille Volti

“Un eroe si avventura dal mondo di tutti i giorni in una regione di meraviglia sovrannaturale: lì incontra forze favolose e ottiene una vittoria decisiva. L’eroe ritorna da questa misteriosa avventura con il potere di conferire doni favolosi agli altri uomini.”

Questo, in estrema sintesi, il percorso dell’eroe che, secondo lo studioso di mitologia comparata Joseph Campbell, caratterizza storie e miti nati in epoche diverse e raccolti in diverse parti del mondo. La sua intuizione, sviluppata nel volume “L’Eroe dai Mille Volti”, è appunto che esista una medesima struttura narrativa che lega molti, moltissimi, esempi di storie efficaci e capaci di emozionare il lettore. Studiando ed utilizzando questa serie di eventi ed episodi, si spinge in avanti Campbell, è possibile replicare e far rivivere quelle sensazioni ancestrali che fanno muovere, e commuovere, gli esseri umani.

Lo studioso individua 17 passi fondamentali che l’eroe segue nel suo percorso a partire da una semplice definizione che ci aiuta non solo a strutturare le nostre storie, ma anche a leggere quelle realizzate da altri.

L’eroe, infatti, non è il più coraggioso, il più buono o il più forte.

Secondo Campbell, l’eroe è il personaggio che più di tutti gli altri è capace di cambiare ed evolversi.

Un esempio ci viene offerto da George Lucas, creatore della saga di Star Wars, amico ed ammiratore di Campbell. L’eroe della trilogia originale di Guerre Stellari non può che essere Luke Skywalker e non perché Han Solo non sia un personaggio interessante, per fare un esempio, ma perché Luke in principio non è altro che un orfano disperso su un pianeta marginale della galassia e finirà ad essere l’ultimo dei Jedi, speranza e forza della Resistenza.

Neon con scritto: We can be heroes just for one day

Vogler e la lezione Disney

La teoria di Campbell risulta talmente efficace che trova un discepolo anche in Christopher Vogler, sceneggiatore della Disney e autore del testo “Il viaggio dell’Eroe”, una vera e propria guida per scrittori che traduce in pratica quanto teorizzato dallo studioso di mitologia comparata. Ciò che emerge è che, da un lato, esistono 7 archetipi, personaggi tipici funzionali allo sviluppo della storia e, dall’altro, un percorso in tre atti e 12 tappe che accompagna l’eroe nel suo percorso di cambiamento.

Quando si parla di archetipi non dobbiamo pensare a dei personaggi stereotipati quanto, piuttosto, ad una serie di attività funzionali allo sviluppo della storia che spesso, ma non esclusivamente, sono messe in capo ad un personaggio.

      1. L’eroe
      2. Il mentore che rappresenta l’interiorità, il sé, del protagonista: è una guida che supporta, allena ed educa l’eroe.
      1. Il Guardiano della soglia è la figura che mette alla prova l’eroe con l’obiettivo di farlo crescere. Si tratta di un elemento cruciale della storia perché tocca le corde delle debolezze emotive e dei vizi del protagonista, ma rappresenta un passaggio imprescindibile per raggiungere l’obiettivo.
      1. Il Messaggero, ovvero ciò che cambia le carte in tavola.  
      1. Il Mutaforme, un compagno di viaggio che, però, ha la finalità di insinuare dubbi nell’eroe.
      1. L’Ombra ovvero l’antagonista, il nemico che riflette le tendenze negative del protagonista e lo mette seriamente in pericolo. È cruciale, secondo Vogler, non abdicare mai all’umanità: un cattivo umano, con il quale è possibile empatizzare in qualche maniera, aiuta il coinvolgimento nella storia e fa sì che esso sia un vero e proprio motore di cambiamento ed evoluzione.  
    1. L’Imbroglione, il compagnone che non abbandona mai l’eroe, ma ne rappresenta l’alter ego spaccone e leggero che, volente o nolente, crea guai perché tende a frenare l’eroismo del protagonista. Talvolta, però, è funzionale anche solamente alla distensione necessaria prima di una missione vera e propria.

I tre “atti” della storia, invece, sono caratterizzati tra tre momenti ben precisi.

  • Partenza: C’è la partenza in salita della vicenda, durante la quale, l’eroe inizia un viaggio che rappresenta una vera e propria sfida: non è necessariamente sempre entusiasta, ma grazie all’intervento del Mentore, finisce ad accettarla.
  • Iniziazione: Nella seconda parte, quella della discesa o dell’iniziazione, l’eroe ormai è in ballo, affronta delle prove, si avvicina al cuore del problema laddove incontra il Guardiano della Soglia e arriva alla prova cruciale della sua storia. La supera, ottiene la sua ricompensa, ma è lontano da casa: così si entra nel terzo atto, quello del ritorno.
  • Ritorno: Non è semplice e l’eroe non è più lo stesso personaggio che era partito, deve affrontare, dunque, quella che spesso è percepita come la prova definitiva: l’incontro, il ritorno, con un bagaglio in più, quanto acquisito durante il viaggio.

Ora provate a guardare alcuni dei cartoni e dei film Disney più famosi, da Il Re Leone a Pinocchio, non noterete qualcosa di familiare? Certo trasportare tutto ciò nel proprio piano editoriale per Facebook o per il blog aziendale non è semplice, ma avere ben chiara questa struttura ci aiuta ad entrare più facilmente in connessione con il nostro target, trasformando il nostro storytelling in una narrazione emozionante, efficace e potente. Avete mai sperimentato queste tecniche?