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Copywriting con ChatGPT e un mestiere in via di estinzione (o forse no?)

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Confesso di aver trascorso le ultime settimane del 2022 e i primi giorni del 2023 con la paura di un’imminente estinzione: l’estinzione di chi scrive per mestiere. La novità era nell’aria. Si sapeva già da tempo che prima o poi l’intelligenza artificiale avrebbe iniziato a scrivere testi con un linguaggio naturale e molto umano, producendo contenuti buoni, a volte anche migliori di quelli curati da copywriter in carne e ossa. Ma non ero pronta allo scossone che ho provato quando OpenAI ha lanciato ChatGPT

Conosci il tuo nemico… o amico?

“L’intelligenza artificiale scrive poesie, articoli, call to action, traduce, riassume…”. Quando finalmente ho deciso di farmi coraggio e di conoscere il nemico, la notizia stava ormai dilagando. Uscivano i primi articoli sulle testate online, i primi post di professionisti e agenzie: chi decretava la fine del copywriting, chi esaltava il nuovo strumento, chi lo derideva, chi rimetteva mano al suo curriculum per cambiare lavoro.

La prima volta che ho interrogato l’oracolo, la sorpresa è stata grande, quasi quanto il mio sconforto.

Assistant – così mi ha detto di chiamarsi, dopo il mio primo goffo tentativo di chiacchierare e soprattutto di trovargli un nome – è velocissimo e anche piuttosto bravo!

Impareggiabile quando si tratta di testi semplici…

… poco accurato (per ora) quando l’argomento è molto tecnico.

Ha prodotto con stile semplice e sintassi quasi sempre perfetta: articoletti, title e meta description, descrizioni di prodotto, testi per e-mail e anche un piccolo racconto. In pochi minuti ha sfornato una quantità di contenuti che normalmente una persona scriverebbe in una settimana, come minimo.

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Interrogato su questioni legali – GDPR, privacy e diritto del lavoro – Assistant ha sciorinato però diverse inesattezze, inventando e riproponendo gli stessi concetti in salse diverse.

Qui il primo dubbio: e se dovesse scrivere di qualcosa che ancora non esiste o di cui si è parlato poco online? Probabilmente improvviserebbe, producendo un testo che risulterebbe assolutamente verosimile per chi non conosce la materia, ma impubblicabile per gli addetti ai lavori.   

Curiosa, ho scavato ancora un po’ per capire da dove prenda le informazioni.

La selezione delle fonti: il tallone di Achille di ChatGPT

Quando gli ho domandato quali fossero le sue fonti, Assistant è stato molto vago.
Riporto qui di seguito la nostra chiacchierata:

Sibilla: Ciao, quali fonti usi per scrivere?

ChatGPT: Ciao! Io non utilizzo fonti esterne per scrivere, poiché sono un modello di linguaggio che è stato addestrato su un enorme dataset di testi scritti da varie fonti. Utilizzo le informazioni che mi sono state fornite durante l’addestramento per rispondere alle domande e fornire informazioni accurate. Tieni presente che, come modello di linguaggio, non posso accedere a Internet o a qualsiasi altra fonte di informazioni al di fuori di quelle che mi sono state fornite durante l’addestramento.

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Non soddisfatta, l’ho messo alle strette:

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Sibilla: Non potresti fare un elenco?
ChatGPT: Sfortunatamente, non posso fornirti un elenco delle fonti utilizzate durante l’addestramento del modello. L’addestramento di un modello di linguaggio come me richiede l’utilizzo di un dataset molto ampio, che può includere testi provenienti da una vasta gamma di fonti, come libri, articoli di giornale, siti web e altro ancora. Non posso accedere a queste informazioni al di fuori dell’addestramento del modello, quindi non posso fornirti un elenco delle fonti specifiche utilizzate. Spero comunque di essere stato in grado di aiutarti con la tua domanda. Se hai altre domande, non esitare a chiedere!

Ed eccoci al secondo grande dubbio: l’autorevolezza delle fonti.

Il fatto di non poter risalire alle informazioni utilizzate dall’AI è un problema, soprattutto quando si tratta di scrivere contenuti tecnici come articoli in ambito legale, sanitario o industriale.

Andare alla cieca e fidarsi dell’intelligenza artificiale, senza una verifica rigorosa, è un rischio non indifferente.

Un copywriter sa benissimo che la scelta delle fonti è il punto di partenza indispensabile per scrivere un testo di qualità. Personalmente, da diversi anni, coinvolgo i miei clienti a monte della redazione, chiedendo di indicarmi siti, articoli, video e studi autorevoli da cui partire. Se possibile, li intervisto. Perché sono loro gli esperti in quel campo. Un copywriter infatti non può – anzi, non deve! – sostituirsi all’azienda. Il suo compito è interpretarne i valori e il messaggio, comunicare con chi potrebbe scegliere il suo prodotto o il suo servizio, usando il tono di voce di quel brand in particolare.

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Tono di voce? L’AI ne simula diversi, buoni per tutte le stagioni

Quando gli ho chiesto di scrivere un breve testo modulando il tono di voce, ChatGPT ha prodotto un buon copy, forse un po’ banale, a tratti anche stucchevole:

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Sibilla: Per favore, potresti scrivere un testo di circa 50 parole su come sfruttare l’intelligenza artificiale nel copywriting, utilizzando un tono di voce amichevole e una metafora?

ChatGPT: Certo! Ecco un testo di circa 50 parole su come sfruttare l’intelligenza artificiale nel copywriting:

L’intelligenza artificiale può essere il tuo compagno ideale per il copywriting, aiutandoti a fare ricerche, trovare statistiche e analizzare i dati delle campagne passate. Immagina di avere un amico sempre pronto a lavorare, che non dorme mai e può eseguire compiti ripetitivi in modo efficiente e preciso: questo è ciò che l’intelligenza artificiale può fare per te. Sfrutta al massimo il suo potenziale per risparmiare tempo e concentrarti su ciò che conta davvero: la creazione di copy di alta qualità.

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Sibilla: Per favore, potresti scrivere un testo di circa 50 parole su come sfruttare l’intelligenza artificiale nel copywriting, utilizzando un tono di voce ironico e una metafora?

ChatGPT: Certo! Ecco un testo di circa 50 parole su come sfruttare l’intelligenza artificiale nel copywriting con un tono ironico e una metafora:

Non sei bravo a fare ricerche per il tuo copywriting? Non sei un esperto di statistiche? Non ti preoccupare, l’intelligenza artificiale è qui per salvarti! Immagina di avere un assistente virtuale che lavora per te 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza mai lamentarsi o chiedere un aumento. Ecco, questo è ciò che l’intelligenza artificiale può fare per te nel copywriting. Sfrutta al massimo il suo potenziale per diventare il re (o la regina) delle campagne di successo, senza dover trascorrere ore a fare ricerche o studiare le statistiche. Con l’intelligenza artificiale al tuo fianco, niente potrà fermare la tua carriera di copywriter di successo!

Devo dire che il risultato è ottimo, soprattutto se il brand interessato a utilizzare l’AI non ha l’ambizione di distinguersi dai concorrenti. Se invece l’azienda ha a cuore il suo posizionamento, potrebbe trovare poco calzante il tono suggerito da ChatGPT, soprattutto se ha scelto da tempo il suo ToV (Tone of Voice).

Un carillon che suona una melodia perfetta, ma vuota

Sono consapevole che siamo solo all’inizio e che un domani non troppo lontano l’intelligenza artificiale sarà molto più capace. Tuttavia, l’impressione che mi resta dai numerosi test di queste settimane è simile a quella che ho di solito ascoltando un carillon. Non parlo del piccolo bauletto a manovella che si trova in libreria o in cartoleria, ma di un carillon complesso, capace di suonare melodie perfette, ma vuote.

L’AI e la fiaba dell’usignolo

Quando chatto con l’AI, penso spesso alla fiaba “L’usignolo” di Andersen.

Per chi non la conoscesse, qui riporto il riassunto del riassunto, scritto ovviamente con ChatGPT (che in questo è davvero imbattibile!):

L’imperatore della Cina ama il canto dell’usignolo e lo tiene in cattività nella sua corte. Quando gli viene donato un usignolo meccanico, il vero usignolo fugge. L’usignolo meccanico diventa la principale attrazione del palazzo, ma alla fine si rompe. L’imperatore si ammala gravemente e l’usignolo torna a cantare per lui, facendo fuggire la morte. L’imperatore chiede come possa ricompensare l’uccello e questi risponde che le lacrime del sovrano versate un giorno a corte per lui lo hanno appagato più di ogni altra ricchezza.

Da una parte, la macchina: efficiente, instancabile, docile e sempre a disposizione (finché non si rompe, ma questa è un’altra storia). Dall’altra, l’essere vivente con le sue emozioni, la creatività e l’empatia.

Il canto dell’uccello carillon è una ripetizione perfetta di armonie composte da altri, il canto dell’usignolo vero è un virtuosismo che nasce dalla vita: gioia, fatica, esercizio e amore rendono ogni volta la sua melodia unica e irripetibile. La stessa cosa vale per i testi. 

Dove nasce un testo?

Un testo non nasce sul foglio, digitale o di carta che sia. Nasce dalle esperienze vissute, dalle emozioni e dai sentimenti, dalle persone che si sono incontrate, dall’inaspettato, dall’approfondire un argomento per passione e per scienza, dal fare proprio un punto di vista, che è unico per ognuno di noi.

L’origine di un testo efficace, che sa persuadere, commuovere o stupire, è nel potere di un’idea e nella capacità di porsi le domande giuste, entrando in relazione con gli altri. 

La macchina questo non può farlo. Una persona sì.

E credo che stia proprio qui la chiave per il copywriting dei prossimi anni. Da un lato, la creatività, sotto forma di consulenza e strategia, dall’altro, l’uso dell’AI come strumento di lavoro, per alleggerire e dare spunti.

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Concludo, nell’attesa di vedere cosa succederà, con una citazione attribuita a uno dei grandi creativi dei nostri tempi, Hayao Miyazaki:

“Se qualcuno mi chiedesse qual è la cosa più importante quando crei un nuovo lavoro animato, la mia risposta sarebbe che devi prima sapere cosa vuoi dire con esso. In altre parole, devi avere un tema. Sorprendentemente, forse, le persone a volte trascurano questo fatto fondamentale del cinema e invece enfatizzano eccessivamente la tecnica.

Ci sono innumerevoli esempi di persone che fanno film con un altissimo livello di tecnica, ma solo un’idea molto confusa di ciò che vogliono veramente dire. E dopo aver visto i loro film, gli spettatori di solito sono completamente confusi. Tuttavia, quando le persone che sanno cosa vogliono dire realizzano film con un basso livello di tecnica, apprezziamo ancora molto i film perché c’è davvero qualcosa in loro.” – Hayao Miyazaki, regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e fondatore dello Studio Ghibli.

PS: A proposito, ecco la versione (sbagliata) della fiaba di Andersen prodotta da ChatGPT!

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La versione della favola, secondo l’AI:

La favola “L’usignolo” di Hans Christian Andersen racconta la storia di un usignolo che viveva in una gabbia dorata in un giardino appartenente a un imperatore cinese. L’usignolo era conosciuto per la sua voce meravigliosa, che riusciva a far piangere e a far ridere gli ascoltatori. Un giorno, però, l’usignolo si ammalò e non riuscì più a cantare. Il suo padrone, l’imperatore, decise di liberarlo dalla gabbia perché non voleva che soffrisse ancora. L’usignolo, commosso dalla gentilezza dell’imperatore, decise di restare nel giardino e di cantare per lui ogni giorno. Quando l’usignolo morì, l’imperatore fece costruire una tomba dorata per lui, in modo che il suo canto potesse continuare a risuonare nel giardino per sempre.