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Creare un Marchio: cosa fare

Quali sono gli errori da evitare quando crei un marchio?

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Qual è la prima cosa che la maggior parte di noi nota quando scopre un nuovo brand, un prodotto o un servizio? Non c’è alcun dubbio: il marchio, quella combinazione di nome, grafica (o meglio in gergo “logotipo” e “pittogramma”) che immediatamente identifica chi abbiamo di fronte. È da lì che si decide, in pochi secondi, se ci ricorderemo di quanto appena visto, oppure se finirà nell’oblìo.

Generalmente la scelta e la creazione del marchio spetta a chi lavora come copywriter in un’agenzia di comunicazione, in collaborazione con l’art director. Insieme si cerca una combinazione di parole e grafica che possa identificare il brand e cercare di rendere chiara l’area di appartenenza , ma anche differenziandolo dalla concorrenza. Non finisce qui, perché, è bene ricordarlo, per poter registrare il nostro marchio e, di conseguenza, poterlo tutelare, questo deve rispettare alcuni requisiti legali fondamentali a cui è importante pensare sin dal primo momento.

Soffermiamoci un momento sulla differenza che c’è fra marchio e logo, su cui spesso vi è un po’ di confusione.

Qual è la differenza tra un marchio e un logo?

Questi due termini vengono utilizzati molte volte come sinonimi, ma esista una cruciale differenza tra l’uno e l’altro. Guardando la questione dal punto di vista legale, per esempio, il logo rappresenta uno degli elementi, insieme a parole, suoni, colori che può essere registrato come marchio.  

Inoltre, andando più a fondo sulla questione, va sottolineato come il logo sia uno degli elementi che determinano la Brand Identity di un’azienda: tra gli altri ci sono il nome, il payoff (la frase che accompagna il nome, come “I’m lovin’ it” di McDonald’s oppure “Das Auto” della Volkswagen) e il pittogramma (l’elemento grafico): tutti elementi che possono caratterizzare e contribuire a definire il proprio brand e che possono essere registrati per tutelarlo legalmente.

Vediamo ora quali sono cinque errori da evitare assolutamente quando ci troviamo impegnati a scegliere il naming e la caratterizzazione grafica di un marchio.

Creare un marchio: 5 errori da evitare

In principio c’è il brainstorming, il momento in cui le idee scorrono libere, si incontrano e si scontrano fino ad arrivare ad una rosa di proposte, quelle che ci sembrano più efficaci, da proporre ad un cliente. Già in questa fase, è bene avere in mente quali siano le caratteristiche di un marchio forte, libero e caratterizzante, in modo tale da selezionare solo idee tanto originali quanto utili ad identificare il tuo brand e darti tutti gli strumenti per difenderlo, ovunque ce ne sia bisogno.

creare un marchio - gli errori da evitare

Scegliere un naming troppo descrittivo

È possibile che al cliente piaccia l’idea di chiamare il proprio prodotto o servizio con un nome che vi faccia riferimento in maniera immediata: pensate alle agenzie immobiliari, quante includono il termine “casa” nel nome? Ecco, non sono esempi di un buon marchio. Al contrario, la combinazione di testo e grafica deve essere utile a distinguere, più che descrivere, il nostro progetto. Può essere utile, piuttosto, lasciare la descrizione effettiva nel payoff.

Dal punto di vista legale, è importante ricordare che un marchio non può descrivere:

  • la provenienza geografica del prodotto o servizio
  • la sua destinazione
  • la quantità
  • la qualità
  • la specie.

Inoltre, per essere tutelabile, non deve essere ingannevole, mentre dev’essere lecito, nuovo e originale.

Scartare parole inventate e sigle

Sigle, acronimi e parole inventate spesso vengono abbandonati con il timore che le persone non li memorizzino né li associno al nostro servizio. Eppure se pensiamo ai brand più famosi ed efficaci, da IKEA a FIAT, sono nati proprio in questo modo. Spazio, dunque, alla creatività per creare anche un naming completamente nuovo, sfruttando tutto gli elementi che abbiamo a disposizione, mescolando anche le parole: questa è la strada per individuare un marchio che ci farà ricordare.

Usare termini comuni

Per la stessa ragione, scegliere per il nostro marchio termini e parole di uso comune, che potrebbero venire in mente potenzialmente a chiunque, indebolisce il nostro lavoro. E ciò non soltanto dal punto di vista comunicativo, ma anche da quello legale. Nemmeno ovviare al problema con una grafica molto originale ci consentirà veramente di poter difendere il marchio sul mercato e in tribunale. Meglio uscire dagli schemi e lasciare da parte tutti i termini ricorrenti in ambito commerciale, a partire da “top” o “super”.

Aggirare la questione scegliendo termini comuni in altre lingue

Può capitare di aver trovato la combinazione giusta per il nostro prodotto o servizio, ma ci rendiamo conto che il concetto è quello giusto, ma il risultato è troppo descrittivo: adottare quel marchio lo renderebbe decisamente debole. Ovviare al problema sostituendo la parola in italiano con la traduzione in inglese, francese o spagnolo, non è, purtroppo, la soluzione giusta. Spesso quando creiamo un marchio, non sappiamo quale sarà il suo futuro, magari il cliente vorrà estendere il suo business anche all’estero. A quel punto, avere un termine generico in inglese, o nella lingua del paese d’arrivo, sarà, da solo, motivo per rendere invalida la registrazione. E, di conseguenza, privarci della possibilità di tutelarci fuori dai confini italiani: un bel problema, non solo legale, ma anche commerciale.

Sottovalutare gli aspetti legali

La creatività e l’inventiva sono caratteristiche fondamentali per poter elaborare un marchio efficace e forte, ma il nostro ultimo consiglio è di non dimenticarsi di affidarsi a chi per mestiere valuta la possibilità o meno di tutelare, anche in tribunale, la nostra idea. Meglio, dunque, consultare un esperto, come l’avvocato Enrico La Malfa di registrareunmarchio.it. Un incontro, dopo la fase di brainstorming, permette di valutare insieme la rosa di proposte per individuare la soluzione che, tra le più accattivanti, sarà quella che ci garantirà fortuna e sicurezza.