Se uno dei dilemmi più celebri del mondo, grazie a Shakespeare, è “essere o non essere”, nel regno di Google Ads – parafrasando il grande bardo del ’500 – potremmo dire: CPC manuale o Smart Bidding?
Ecco la domanda che ogni advertiser, ma anche marketer, prima o poi si pone. Se Google ti ha indicato questo articolo perché cercavi risposte in merito, oppure sei una persona che legge abitualmente il blog di Clickable, probabilmente ti trovi anche tu nel bel mezzo di questo dilemma: meglio gestire tutto da sé o affidarsi all’Intelligenza Artificiale di Google?
In questa guida proverò a fornirti tutte le informazioni non tanto per risolvere il dilemma, ma per capire più che altro perché lo Smart Bidding può davvero diventare un alleato potente per le tue campagne. A patto, però, di sapere come funziona, quando usarlo e come evitare di lasciargli il totale controllo (ma chi lo farebbe mai per il proprio business?!).
Cos’è lo Smart Bidding e come funziona
Quando parliamo di Smart Bidding intendiamo un insieme di strategie di offerta intelligenti che usano l’Intelligenza Artificiale di Google per ottimizzare ogni singola asta pubblicitaria.
A differenza della gestione manuale, in cui è l’inserzionista a impostare un CPC (Costo per Clic) massimo basandosi su dati storici in suo possesso, con lo Smart Bidding è Google stesso a decidere quanto offrire per ogni click, tenendo conto di decine di segnali in tempo reale che possono riguardare la fase del funnel in cui si trova l’utente, la sua cronologia di navigazione, il dispositivo che utilizza e così via (come vedremo meglio tra poco). Sarà sempre Google a fare gli aggiustamenti automatici delle offerte in base alla probabilità che l’utente sia più o meno vicino alla conversione.
La differenza fondamentale rispetto al passato quindi consiste nell’abbandono della logica manuale, che si basava su proiezioni storiche e calcoli di CPC massimo per raggiungere un costo per lead desiderato. Con l’introduzione dell’AI, Google semplifica il lavoro degli inserzionisti automatizzando il calcolo del CPC e permettendo di impostare obiettivi personalizzati, come un costo per conversione o un ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS) desiderati.
Ma l’IA applicata al marketing non si limita a sostituire il calcolo manuale: aggiunge un livello di analisi e valutazione che all’essere umano non è accessibile. L’Intelligenza Artificiale è, infatti, in grado di calcolare in tempo reale il comportamento e la customer journey di ogni singolo utente.
Con lo Smart Bidding, in pratica, non vale più la logica dell’”uno vale uno”. Due utenti che cercano la stessa parola chiave possono avere valori molto diversi per Google, e quindi generare offerte differenti.
Un esempio pratico
Per capirci meglio, proviamo a fare un esempio pratico. Immaginiamo che ci siano due utenti a cercare contemporaneamente “offerte iPhone” su Google. Prima dell’avvento dello Smart Bidding, il costo per click (CPC) veniva stabilito in modo molto semplice: si imponeva un limite massimo basato sui tassi di conversione storici, pensando che ogni click valesse lo stesso. Quindi, se due persone diverse cercavano la stessa cosa, Google considerava il loro click con lo stesso valore.
Con lo Smart Bidding, invece, entra in gioco un livello di sofisticazione in più. Google analizza i dati comportamentali e contestuali per capire a che punto del percorso di acquisto si trova l’utente. Per esempio, se l’utente X è la prima volta che cerca “offerte iPhone”, potrebbe essere ancora nella fase iniziale della customer journey, quindi Google può decidere di offrire per il suo click un prezzo più basso.
Ma se è un’altra persona a fare la stessa ricerca, con gli stessi termini, e Google rileva che invece è più avanti nel percorso di acquisto – perché magari ha già guardato delle recensioni su YouTube o hai confrontato prezzi su altri siti – allora il valore del suo clic cresce. Google può così decidere di spendere di più per partecipare all’asta con il click di questa seconda persona, valore che potrebbe anche essere il doppio.
Questo esempio ci fa capire come lo Smart Bidding ottimizzi dinamicamente il costo per clic, utente per utente, in base al suo comportamento reale.
Da dove prende i dati l’IA?
Probabilmente a questo punto te lo starai chiedendo: l’IA dove prende questi dati? L’Intelligenza Artificiale di Google raccoglie informazioni dal comportamento degli utenti sull’intero ecosistema Google.
Vale a dire:
- Motore di ricerca: intenti di ricerca e interazioni;
- Chrome: storico di navigazione e interessi;
- YouTube: visualizzazioni di video, recensioni, interazioni con contenuti;
- Gmail: interazioni con promozioni o email;
- Dati di terze parti: informazioni acquisite da altre fonti, che arricchiscono ulteriormente il profilo utente.
Questo permette allo Smart Bidding di ottimizzare il CPC in modo dinamico per ogni singolo utente e di ottimizzare l’offerta in tempo reale.
Le principali strategie di Smart Bidding
Alla luce di quanto abbiamo detto, possiamo individuare diverse strategie di Smart Bidding che si dividono in due macro-categorie principali: strategie basate su un costo target e strategie di massimizzazione.
Vediamo le differenze.
Strategie basate su target (CPA Target e ROAS Target)
Le due strategie basate su target richiedono un obiettivo specifico da parte di chi le utilizza.
Possono essere suddivise in:
- CPA target (Costo Per Acquisizione): questo tipo di strategia di offerta si utilizza per richiedere alla macchina di raggiungere un dato costo medio per conversione (ad esempio, 20 euro per lead). In questo caso, Google cercherà di mantenere il costo per conversione il più vicino possibile a questo target. Il consiglio per chi decide di testare questa strategia è quello di lasciare all’algoritmo un tempo indicativo di 30 giorni per la validità del test. Ma Attenzione! Un CPA target troppo basso potrebbe mettere in difficoltà la macchina, che potrebbe non riuscire a spendere più il budget allocato. Il mio consiglio qui è quello di fare degli step intermedi e analizzare il comportamento della campagna.
- ROAS target (Ritorno Sulla Spesa Pubblicitaria): in questo caso l’obiettivo è di ritorno percentuale sul valore delle conversioni (ad esempio, 300% di ROAS, ovvero per ogni euro speso vogliamo ottenere 3 euro di ricavi). Tale obiettivo è l’ideale per gli e-commerce per i quali è fondamentale massimizzare il valore delle vendite.
Queste due strategie ovviamente non saranno una garanzia di risultato delle nostre campagne, ma si tratta di due possibilità in cui Google cercherà di rispettare l’obiettivo. Attenzione: impostare un CPA target troppo basso può mettere in difficoltà l’algoritmo, che potrebbe non riuscire più a spendere correttamente il budget allocato. Il consiglio, in questi casi, è di procedere per gradi, abbassando il target in modo progressivo e monitorando attentamente il comportamento della campagna (oltre che scegliere, ovviamente, un CPA/ROAS target appropriato).
Strategie di massimizzazione (massimizza le conversioni e massimizza il valore di conversione)
Queste strategie, a differenza di quelle precedenti, puntano a massimizzare i risultati senza un limite di costo predefinito:
- massimizza le conversioni: in questo caso, l’obiettivo è ottenere il maggior numero possibile di conversioni (lead, acquisti, ecc.) con il budget disponibile;
- massimizza il valore delle conversioni: l’obiettivo è generare il massimo valore in euro dalle conversioni, indipendentemente dal loro numero (tipicamente per e-commerce con prodotti a diverso valore).
Quando usare queste due strategie? Considerando il fatto che si tratta di strategie che tendono a utilizzare sempre tutte le risorse giornaliere disponibili per ottenere il miglior output possibile, vanno considerate come un “ponte” iniziale per raccogliere più dati e far apprendere l’AI.
Per esempio, “Massimizza le conversioni” può essere il primo passo prima di passare a un “CPA Target ” che abbiamo visto prima, mentre “Massimizza il valore delle conversioni” può precedere un “ROAS Target”. Possono anche essere strategie finali se l’obiettivo è spendere un determinato budget per ottenere il massimo possibile, senza che un target limiti il volume di apprendimento e i risultati.
I vantaggi dello Smart Bidding
Viste le strategie, quali sono i vantaggi dello Smart Bidding?
Eccone alcuni:
- Ottimizzazione in tempo reale: ogni singola asta viene valutata in base al contesto dell’utente;
- Risparmio di tempo operativo: l’algoritmo gestisce dinamicamente i CPC;
- Maggiore scalabilità: più dati significa più apprendimenti e, potenzialmente, più risultati;
- Efficienza su larga scala: è possibile massimizzare i risultati su budget importanti, specie su e-commerce o lead generation massiva;
- Obiettivi di performance predefiniti: tengono conto degli obiettivi aziendali e dei segnali;
- Strumenti di analisi che permettono valutazioni e report trasparenti.
Gli svantaggi dello Smart Bidding e le criticità da gestire
Sembra tutto perfetto, vero? Ma invece anche lo Smart Bidding ha degli svantaggi, ecco quali possono essere quelli più importanti:
- Perdita di controllo diretto: bisogna imparare a monitorare in modo diverso;
- Rischio di ottimizzazione inefficiente: l’algoritmo potrebbe fossilizzarsi su asset poco performanti;
- Tempi di apprendimento: soprattutto per campagne nuove o con poco traffico, l’algoritmo ha bisogno di tempo per performare.
Consiglio: per evitare i loop negativi, quando l’algoritmo continua a insistere su scelte sbagliate, bisogna intervenire manualmente per correggere la rotta, per esempio diversificando i gruppi di annunci o ricalibrando i target CPA.
Quando e come implementarlo
Lo Smart Bidding funziona particolarmente bene quando:
- Si è in possesso di una base dati già consistente;
- Quando l’obiettivo della campagna è orientato alle conversioni o al valore generato;
- Se si punta a un’ottimizzazione su larga scala.
Smart Bidding: best practice da tenere a mente
Per far sì che tutto funzioni come vogliamo, serve tenere a mente alcune buone prassi.
Il primo passo è assicurarsi che il monitoraggio delle conversioni sia attivo e configurato correttamente. È da qui che parte tutto: senza dati, l’algoritmo non ha elementi su cui basare le proprie decisioni. Oltre alle macro-conversioni, come un acquisto completato o l’invio di un form, è utile monitorare anche azioni meno evidenti ma altrettanto preziose, come la durata della sessione, i click su elementi specifici della pagina o l’interazione con un annuncio.
Quando si attiva una strategia di Smart Bidding e si ottimizza un account Google ADS con l’IA, bisogna mettere in conto una fase iniziale di apprendimento da parte dell’algoritmo, servono in media due settimane perché questo avvenga.
Un altro punto chiave è la definizione degli obiettivi: fissare target troppo ambiziosi o irrealistici (come un CPA molto più basso rispetto a quello ottenuto in passato) può mandare in crisi la strategia. Meglio procedere per gradi.
Non bisogna poi aspettarsi risultati immediati: anche se le automazioni lavorano più velocemente di un essere umano, le campagne hanno comunque bisogno di tempo per stabilizzarsi.
In questi casi, il mio consiglio è di partire con le strategie di tipo “massimizza le conversioni”, che permettono all’algoritmo di raccogliere dati utili sul comportamento degli utenti. Solo dopo questa prima fase di apprendimento, potrai passare a strategie più orientate al risultato come CPA target o ROAS target.
Last but not the least: non tutto dipende dall’algoritmo. Puoi (e devi) guidarlo, per esempio sfruttando elenchi di remarketing per focalizzarti su utenti più qualificati, o consultando le raccomandazioni di Google Ads per identificare opportunità di ottimizzazione che potresti aver trascurato.
Manuale vs automatico: cosa cambia davvero?
Probabilmente a questo punto il dilemma iniziale “CPC manuale o Smart Bidding?” ti sarà tornato in mente, perché magari hai anni di gestione manuale alle spalle o perché in azienda “avete sempre fatto così”. Inoltre, c’è quell’ansia di controllo che ti bussa alle spalle e ti sussurra: “Ma siamo sicuri che possiamo affidarci a Google?”.
Be’, tutti i dubbi sono più che leciti, certo, considera, però, che lo Smart Bidding richiede di affidarsi all’algoritmo per la gestione delle offerte, ma questo non significa sparire… dai radar. Al contrario, serve ancora più attenzione nella fase di setup e monitoraggio, come abbiamo visto prima.
Se è vero che Google sta spostando tutto verso le strategie automatiche, è anche vero che l’impronta umana conta tantissimo. E qui entra in gioco il ruolo del consulente.
Il ruolo del consulente? Resta centrale
L’automazione infatti non elimina il ruolo del consulente Google Ads, tutt’altro!
La sua figura è importante perché:
- struttura correttamente le campagne
- interpreta i segnali
- monitora le performance
- prende decisioni strategiche
Senza una consulenza ad hoc, non si potrà mai capire se lo Smart Bidding sta andando nella direzione giusta, o se serve intervenire per evitare sprechi.
Ecco perché è importante scegliere bene l’Agenzia Google Ads.
Lo Smart Bidding non è infatti una bacchetta magica che basta agitare per ottenere risultati e trasformazioni, ma è uno strumento che, come tale, va usato con la testa.
Intelligenza umana e dati servono – e serviranno sempre – per capire se quello che ha deciso l’IA di Google fa davvero al caso nostro.
Chi gestisce campagne Google Ads deve quindi imparare a dialogare con l’algoritmo, senza farsi sedurre totalmente dal pilota automatico e ricordandosi che oggi ha un ruolo ancora più centrale per diversificare e ottenere risultati reali.