Eccoci nell’era dell’AI marketing: l’intelligenza artificiale si fa strada in quasi ogni settore e il marketing non fa eccezione. Ma come ogni innovazione, porta con sé sia opportunità che sfide. Ne abbiamo già parlato ampiamente, dal copywriting con ChatGPT a come sfruttare l’AI (e non il contrario), ma a oggi rimangono ancora tanti aspetti da valutare.
L’intelligenza artificiale è uno strumento potentissimo in diversi contesti e nelle mani del marketing può diventare una vera e propria risorsa aggiuntiva e fondamentale. Ma quali sono i rischi (se utilizzata male)? E quali i reali vantaggi? Cosa c’è dietro l’arte del prompt design? E come reparti o agenzie possono integrare l’AI nel team (aumentando la qualità)?
I vantaggi dell’AI nel marketing
Partiamo da alcuni significativi aspetti che portano l’intelligenza artificiale a essere un grande strumento per il marketing.
Personalizzazione e segmentazione
L’AI ha il potere di analizzare vasti set di dati in tempo reale. Questo significa che le aziende possono ora comprendere meglio i loro clienti, offrendo loro esperienze personalizzate come mai prima d’ora. Un banale esempio: piattaforme come Spotify e Netflix utilizzano l’AI per analizzare le preferenze degli utenti e suggerire canzoni o film. Questo non solo aumenta la soddisfazione del cliente, ma anche la retention.
Automazione dei processi
L’automazione, grazie all’AI, sta trasformando il modo in cui le aziende operano. Alcuni chatbot possono per esempio gestire migliaia di richieste dei clienti simultaneamente, garantendo risposte rapide e accurate. Questo non solo migliora l’efficienza, ma libera anche il personale per concentrarsi su compiti più strategici. Questo però non significa sostituire l’elemento umano, ma piuttosto amplificare le capacità.
Analisi predittiva
Con l’AI, le aziende possono ora prevedere tendenze future basandosi su dati storici. Attenzione: molte piattaforme di advertising sfruttano questo elemento già da anni per ottimizzare le campagne, quindi non è una vera e propria novità.
Lo diventa oggi in quanto la AI può combinare dati e tendenze in grandi quantità (e con maggiore facilità oggi per qualsiasi manager). Questo può essere un game changer, specialmente in settori come la moda o la tecnologia, dove anticipare la prossima grande cosa può significare enormi profitti. Ad esempio, alcune aziende automobilistiche stanno già utilizzando l’AI per prevedere le tendenze future dei consumatori in termini di preferenze di veicoli.
Sviluppi nell’IA generativa
Strumenti avanzati come ChatGPT sono ora capaci di interpretare e rispondere a prompt audio e visivi, estendendo significativamente le possibilità di interazione e personalizzazione. In parallelo, piattaforme come Synthesia e HeyGen stanno rivoluzionando la produzione di video, consentendo di generare contenuti video con avatar umanoidi. Questi sviluppi rappresentano un enorme passo avanti nel marketing digitale, permettendo alle aziende di creare contenuti più coinvolgenti e personalizzati che rispecchiano meglio l’identità del brand e le esigenze dei clienti.
User experience design
Luca Rosati ne ha parlato tantissimo, approfondendo questo aspetto in maniera accurata sul suo blog: in che modo l’intelligenza artificiale può affiancare il designer nelle varie fasi dello user experience design?
Il design generativo si basa sull’idea di produrre rapidamente molteplici varianti di design da un singolo concetto, utilizzando parametri come obiettivi e vincoli. L’intelligenza artificiale gioca un ruolo esplorativo in questo processo, aiutando a scoprire soluzioni innovative. Allo stesso modo l’analisi comparativa è un’area in cui l’AI può assistere, ma non sostituire completamente l’umano. Ad esempio, ChatGPT può essere utilizzato per confrontare siti web o per identificare problemi comuni di usabilità.
Luca ha provato anche ChatGPT e altri strumenti AI per l’architettura dell’informazione, come la creazione di sitemap e tassonomie, arrivando comunque a una conclusione importante: mentre l’AI può offrire suggerimenti utili, ci sono limiti, come il bias, la massificazione e la mancanza di contesto, che rendono essenziale l’intervento umano. E qui entriamo già nei rischi…
I rischi dell’AI nel marketing
Come evidenziato, l’AI offre strumenti potenti e utili, ma è essenziale utilizzarla come un complemento all’expertise umana, piuttosto che come una sostituzione. In una (molto estiva) newsletter, anche Gianluca Diegoli ha messo la sua esperienza a sistema e mi è rimasta impressa una sua affermazione: “Confermo la mia impressione che la AI sia al 90% un mulo e al 10% intelligenza (con il dovuto rispetto al sottovalutato animale)”. Cerco di contestualizzare con alcuni punti.
Bias algoritmici e Data poisoning
I bias algoritmici possono influenzare significativamente l’output dei dati, portando a decisioni di marketing errate. Questi bias derivano spesso da un processo di apprendimento errato dell’AI, che può generare problematiche come dati inaccurati o discriminazione algoritmica. È importante avere specialisti dell’AI che possano identificare e correggere tali bias per evitare conseguenze negative.
Nel contesto, un altro rischio importante nell’uso dell’AI è il data poisoning, dove i dati vengono deliberatamente alterati per influenzare negativamente l’apprendimento dell’AI. Questo può avere un impatto diretto sulla qualità dei dati e sulla successiva efficienza delle campagne di marketing. Inoltre, la discriminazione algoritmica può portare a risultati di marketing che non raggiungono l’audience corretta, causando perdite di opportunità di vendita e potenziali danni all’immagine aziendale.
Dipendenza eccessiva
Mentre l’AI può offrire soluzioni efficienti, affidarsi troppo a essa può portare a perdere il tocco umano che rende un brand unico. La relazione con il cliente è fondamentale e non può essere completamente automatizzata. Dopo tutto, nessuna macchina può sostituire l’empatia e la comprensione umana.
Problemi etici
L’uso improprio dei dati può portare a gravi problemi etici. Ad esempio, se un algoritmo è addestrato con dati prevenuti da una popolazione non diversificata, potrebbe involontariamente perpetuare stereotipi e pregiudizi. È essenziale garantire che l’AI venga utilizzata in modo etico e responsabile.
Costi nascosti
L’AI richiede competenze specialistiche per il suo corretto funzionamento e monitoraggio. Senza una comprensione approfondita, le aziende possono trovarsi impreparate a gestire le complessità dell’AI, portando a inefficienze o errori strategici. La formazione continua e l’aggiornamento delle competenze sono quindi essenziali: questo significa che se ll’AI può sembrare una soluzione economica inizialmente, ci sono costi nascosti da considerare.
L’implementazione dell’AI richiederà una formazione approfondita del team, aggiornamenti regolari e manutenzione. Senza contare i molteplici tool disponibili che vanno a pesare sulle tasche delle aziende.
L’intelligenza artificiale è un aiuto, non una soluzione
Vorrei poter esprimere un parere dettagliato, ma è proprio Diegoli a rubarmi le parole “di mano” e non mi resta che citarlo in tutto e per tutto:
“Al momento sostituisce il lavoro di tirocinanti, assistenti e stagisti, i quali possono a loro volta subappaltare il lavoro che viene dato loro da fare. Evita il lavoro “fisico” del lavoro intellettuale. Soppianta la creazione “fisica” di manufatti come slide, report, riassunti, piani vari. Non è un caso che le Big 4 della consulenza siano tra le principali scommettitrici alla roulette della AI. Il loro è il lavoro più a rischio, e portare il nemico dalla propria parte è quanto mai necessario.
Quel 10% di intelligenza ed esperienza è ancora più necessaria invece in questo scenario, perché la sicumera della AI ti può portare, in momenti inaspettati, fuori strada o a una acritica adozione di quello che ci fornisce. E lì deve scattare il “ma che c****o stai dicendo, ChatGPT?” che fa e farà la differenza in futuro. La AI ci vuole adulare, ci dice quasi sempre che abbiamo ragione, e questo da sempre è il principale pericolo di ogni manager, anche quando a dircelo erano persone e non bot”.
Tenendo bene a mente queste considerazioni oggi diventa quindi ancora più importante governare la macchina, letteralmente.
1 azienda su 3 ha adottato l’AI generativa
In questo momento l’AI generativa ha già conquistato moltissime aziende: in meno di un anno dal suo debutto (generale), un terzo delle aziende ha già adottato questi strumenti.
Come riporta Il Sole 24 Ore, la “gen AI” è vista come una forza rivoluzionaria nel panorama aziendale. Tuttavia, molte aziende sembrano saltare sul carrozzone senza una comprensione adeguata, con poche che si preparano a gestire i potenziali rischi.
Le aree che vedono la maggiore adozione sono proprio il marketing, seguito dallo sviluppo di prodotti e servizi e le operazioni di servizio. Queste aree rappresentano circa il 75% del valore totale derivante dall’uso della gen AI. In virtù di queste integrazioni, si prevede anche un aumento degli investimenti in intelligenza artificiale: le aziende tecnologiche saranno le più impattate, seguite da quelle del settore bancario, farmaceutico e istruzione.
Rischi e (im)preparazione del marketing management
Nonostante l’entusiasmo, meno della metà delle aziende si sta preparando per mitigare i rischi associati all’AI. Pochi hanno implementato politiche per regolare l’uso della gen AI e solo una minoranza sta affrontando problemi come inesattezze e rischi di cybersecurity. Le aziende più mature nell’adozione dell’AI sono quelle che vedono almeno il 20% dell’Ebit derivante dall’AI. Queste aziende tendono a utilizzare l’AI per sviluppare nuovi prodotti e servizi piuttosto che per la semplice riduzione dei costi.
Insomma, mentre l’AI generativa è promettente, le aziende dovrebbero evitare di farsi prendere troppo dall’entusiasmo. È essenziale avere una strategia ben ponderata per l’adozione dell’AI in generale, non solo della gen AI. La strada verso una piena adozione dell’AI è ancora lunga e richiede un approccio equilibrato.
Di influencer e brand: il caso Lil Miquela
Miquela Sousa, in arte Lil Miquela, è una bellissima influencer, modella e cantante californiana. Oltre a essere un’influencer su Instagram con circa 2,7 milioni di follower (e dove condivide foto di se stessa in varie pose e ambientazioni) Miquela è anche una musicista: ha rilasciato diversi singoli di successo, guadagnando popolarità su piattaforme come Spotify e YouTube.
Inoltre, ha intervistato varie celebrità e partecipato a campagne pubblicitarie per marchi di alto profilo come Prada e Calvin Klein (circa 8.000 dollari per post, meglio di Chiara Ferragni). Oltre alla moda, Miquela è conosciuta per il suo impegno in cause sociali, tra cui la lotta contro il razzismo e il sostegno alla comunità LGBTQ+.
Per capire quanto sia famosa e importante: nel 2018 la rivista TIME ha nominato Lil Miquela una delle persone più influenti su internet.
C’è però una particolarità che la distingue da altri influencer: non è una persona reale. Lil Miquela è stata creata nel 2016 da Brud, società di Los Angeles specializzata nella creazione e gestione di personaggi virtuali.
Questa “influencer” virtuale rappresenta oggi un potentissimo strumento di marketing, generando guadagni stimati in oltre 9 milioni di dollari l’anno. Ovviamente ci sono state già delle polemiche riguardo la natura virtuale di Miquela, in particolare sul fatto che potrebbe essere ingannevole per i consumatori. Inoltre, ha destato preoccupazione la potenziale strumentalizzazione delle cause sociali per fini di marketing.
Miquela di fatto rappresenta una nuova era di influencer (virtuali), che potrebbero diventare sempre più prevalenti nel panorama dei social media. Non solo però: non è una novità che i brand fanno fatica a scovare l’influencer più adatto per comunicare efficacemente.
A questo punto nulla vieta al marketing di perseguire questa strada, sfruttando la finzione a favore del reale. Però bisogna chiedersi: quale sarà il confine? E nel prossimo futuro quanto di tutto ciò sarà accettato dai/dalle consumatori/consumatrici che decideranno il successo (o meno) delle campagne pubblicitarie? In questo momento è difficile dare risposta a questi interrogativi, ma è bene che certe domande continuiamo a farcele.
AI, creatività e performance: un’idea da provare
Ammettiamolo: il 50% (se non di più) del successo di una campagna di advertising oggi si basa sulle creatività utilizzate. E ammettiamolo doppiamente: la maggior parte dei brand fa fatica a coprire tutte le esigenze creative che le campagne comportano, come replicare diversi angoli di comunicazione, testare con piccole differenze o avere a disposizione più formati con diverse CTA.
In Clickable abbiamo messo a punto un piccolo workflow per velocizzare e semplificare il processo di produzione, soprattutto se parliamo di medi/grandi ecommerce o importanti attività di lead generation legate al B2B.
Si tratta di una checklist che può seguire un team marketing con facilità per integrare diverse creatività nelle campagne su META, Google o qualsiasi altra piattaforma legata al Paid Advertising. Ovviamente è il risultato di quanto hai letto finora: AI e tool aiutano, ma l’intervento umano rimane fondamentale.
1) Ideazione del testo
Puoi dare il via al processo creativo creando titoli, sottotitoli e inviti all’azione che suscitino l’interesse del tuo pubblico utilizzando ChatGPT. Concentrati sul creare vari angoli di comunicazione così da avere successivamente molteplici varianti per testare il tuo messaggio.
2) Creazione di design diversificati
Per la creazione di progetti visivi, Canva è uno strumento flessibile che si adatta perfettamente al Workflow ideato. In questa fase, puoi sfruttare Canva per creare diversi design adattati ai formati più comuni, come 1:1, 16:9, 4:5 e 9:16. Assicurati di determinare le risoluzioni ideali delle immagini da utilizzare nei vari design, garantendo una chiarezza ottimale.
3) Organizzazione progettuale
Struttura i tuoi progetti Canva in base ai diversi formati desiderati. All’interno di ciascun progetto, organizza i design precedentemente creati. Questa suddivisione ti consentirà di mantenere un approccio ordinato e focalizzato per ciascun formato, semplificando ulteriormente il processo di produzione.
4) Gestione dei Contenuti
Scarica i titoli, sottotitoli e inviti all’azione in un file CSV per facilitare gli step successivi. Utilizza poi lo strumento Bulk Editor di Canva per importare rapidamente il CSV nel tuo progetto.
5) Personalizzazione dei Design
All’interno di ciascun design, individua gli elementi di contenuto che desideri personalizzare, come testo e immagini. Gli elementi selezionati verranno considerati dei placeholder che verranno sostituiti con i contenuti che gli abbiamo collegato con i valori presenti nel CSV importato.
6) Implementazione Efficace
Dopo aver indicato tutti gli elementi placeholder utilizza la modifica in blocco di Canva. Come risultato di questo processo otterrai un numero considerevole di design e di varianti pronte, o quasi, per essere testate nelle tue attività pubblicitarie.
Dopo aver completato il processo di creazione, prenditi il tempo per esaminare attentamente il progetto Canva con le sue variazioni creative. Valuta l’aspetto visivo e il potenziale impatto di ciascuna variante. Questo ti permetterà di identificare le opzioni più promettenti e coinvolgenti.
Considera l’approccio combinato di utilizzare ChatGPT e Canva come un metodo efficace per ottimizzare e velocizzare il processo di creazione delle grafiche pubblicitarie. Se desideri assistenza nell’implementare questo workflow o desideri ulteriori consigli, non esitare a cercare supporto o consulenza.
Quale futuro per l’AI e il marketing?
Guardando al futuro, l’intelligenza artificiale si prospetta come un campo in rapida evoluzione nel marketing, dove nuove tendenze e tecnologie emergenti continueranno a plasmare le strategie e le pratiche. Con l’avvento di strumenti come Generative AI, che ora possono creare contenuti testuali, visivi e video, e l’integrazione di funzionalità avanzate in piattaforme come ChatGPT stiamo andando verso una maggiore personalizzazione dei contenuti.
Un’area particolarmente promettente è l’uso di Large Language Models (LLM) che stanno diventando sempre più sofisticati. Questi modelli permetteranno di lavorare con informazioni più aggiornate e pertinenti, migliorando notevolmente la qualità e la rilevanza dei contenuti generati dall’AI. Inoltre, l’introduzione prevista di nuove esperienze di ricerca generate da Google, come la Search Generated Experience (SGE), potrebbe significare un grande cambiamento nel modo in cui gli utenti interagiscono con i motori di ricerca, con possibili impatti significativi sulle strategie SEO.
Tuttavia, con questi sviluppi, sorgono anche sfide, come l’adattamento a cambiamenti rapidi e la necessità di gestire efficacemente gli strumenti AI per evitare errori o bias. I brand dovranno quindi essere agili e proattivi nel rimanere aggiornati con le ultime tendenze e nello sviluppare strategie che incorporino efficacemente queste tecnologie.
Insomma, mentre l’AI offre immense opportunità per innovare e personalizzare il marketing, allo stesso tempo richiede anche un’attenta considerazione etica e strategica per massimizzare i suoi benefici e minimizzare i rischi. Il futuro dell’AI nel marketing sarà caratterizzato da una maggiore integrazione di queste tecnologie nelle strategie di business, richiedendo alle aziende di adattarsi rapidamente per rimanere competitive e rilevanti in un panorama digitale in continua evoluzione.