Cerca
Close this search box.
Esempi di annunci sulla rete Display

Perché le campagne Display funzionano (se sai come usarle davvero)

Articoli correlati

Gli argomenti

Tabella dei Contenuti

Ti è mai capitato di essere immersə nella lettura di un articolo o di scorrere un sito e, all’improvviso, notare un banner che cattura davvero la tua attenzione? Magari qualcosa che ti riguarda da vicino, che ti incuriosisce, e che ti spinge a cliccare per saperne di più. Ecco: quello è un annuncio veicolato attraverso una campagna Display di Google Ads.

Un tipo di pubblicità che non aspetta che sia l’utente a cercare attivamente un prodotto o un servizio, ma lo raggiunge prima, mentre sta facendo altro, anticipando il bisogno o stimolando un desiderio che magari era lì, in sottofondo.

Le campagne Display, a differenza delle Search – come può far intuire la stessa parola anche a chi non è esperto, ma ha un minimo di dimestichezza con l’inglese – non puntano tanto sulla consapevolezza di un utente che cerca per l’appunto, ma lavorano nel campo della cosiddetta domanda latente. Ossia quel “bisogno che non sai di avere ma che in realtà hai”. 

Per fare un esempio: se cerchi “miglior assicurazione auto”, sai già cosa vuoi. Se invece stai leggendo un articolo su come risparmiare sul carburante e ti appare un banner di un’assicurazione green, ecco lì siamo nel mondo della domanda latente.

Ma come si realizzano le campagne Display, quali sono le metriche da considerare, le best practice da attuare e gli errori da evitare?
Lo scopriamo in questo articolo che, ci tengo a dirlo, non è rivolto solo a chi lavora per grandi brand, ma anche a chi si occupa di brand piccoli e poco noti: le campagne Display, infatti, se ben impostate, servono davvero a tutti. E, in particolare per le PMI, possono essere un’ottima soluzione per non spendere budget esagerati.
Iniziamo.

Cos’è una campagna Display e in cosa si differenzia dalle Google Search?

Ma cosa sono le Campagne Display? Se vogliamo dare una definizione, sono una tipologia di campagne Google Ads che utilizza la visualizzazione di annunci pubblicitari su una vasta rete, la Rete Display, di siti internet e app correlate, cosiddette di terze parti. Pertanto non di proprietà di Google, ma partner tramite Adsense. Di quali numeri stiamo parlando? Come si può leggere sulla Guida a Google ADS, che cita come fonte Corecom, si parla di un gruppo di oltre 2 milioni di siti web, video e app su cui pubblicare i propri annunci ADS. 

I siti della Rete Display coprono infatti oltre il 90% degli utenti Internet di tutto il mondo. Con la Rete Display si può quindi utilizzare il targeting per mostrare i propri annunci in particolari contesti, ad esempio “stili di vita all’aperto” o “cnn.com”, per particolari segmenti di pubblico, ad esempio “giovani mamme” o “persone in cerca di una nuova berlina”, in particolari località e altro ancora.

Possiamo quindi paragonarle a dei “manifesti digitali” appesi nei “punti giusti” di Internet. Si tratta, infatti, un tipo di pubblicità che si basa sui banner quindi combina immagini, testi e video. 

Differenza tra campagne Display e campagne Search e tra domanda latente e consapevole

A differenza delle campagne Search, dove tutto gira intorno a cosa l’utente digita nella barra di ricerca, nel caso delle campagne Display si appare quando l’utente meno se lo aspetta. 

Sempre restando nel campo dell’immaginazione, pensa a quando vai in giro per la città, per una commissione o per lavoro, e ti capita sotto il naso il manifesto di un evento che trovi davvero interessante perché riguarda un tuo hobby o un gruppo musicale che segui. Non lo stavi cercando, non sapevi nulla, ma ecco che quel manifesto stuzzica la tua curiosità e cerchi maggiori informazioni. 

Siamo nel campo della domanda latente che è molto diversa dalla domanda consapevole. Nel primo caso a scatenarla è uno stimolo esterno che invoglia l’utente a compiere una determinata azione (ha visto per caso il manifesto, cerca informazioni). La domanda consapevole, invece, è frutto di un’azione pensata e voluta: l’utente sa di cosa ha bisogno pertanto cerca il prodotto o servizio che soddisfi la sua esigenza al meglio. 

Un approccio, quello relativo alla stimolazione della domanda latente, che può risultare sorprendentemente efficace, se il messaggio è pertinente e ben targettizzato.

Quando usarle le campagne Display e perché

Le campagne Display hanno una flessibilità che le rende utilizzabili in diversi punti della customer journey

Si possono utilizzare, per esempio, a fine funnel per generare vendite o lead, ma anche quando si è ancora nella fase “alta” di brand awareness e consapevolezza intorno al brand. Se la tua azienda offre contenuti di un certo livello, come possono essere white paper o guide di settore, le campagne Display possono dare una grande spinta affinché vengano scaricati. Peraltro, nel mondo B2B, in cui si lavora per volumi di ricerche non particolarmente alti, di “nicchia” insomma, agire in questo modo può voler dire avvalersi di uno strumento molto preciso ed efficace grazie ai suoi elementi di targeting (pubblico, argomento contenuto, siti web).

Ma le campagne Display possono essere performanti anche quando si sta facendo remarketing. Hai presente tutte quelle volte che gli utenti visitano un sito e se ne vanno senza fare nulla? Con le campagne Display puoi “riagganciare” gli utenti mentre sono impegnati in tutt’altro, riportando alla loro attenzione qualcosa che avevano già visto, ma a cui non avevano dato particolare importanza. Oppure puoi usarle quando lanci una promozione e hai bisogno di mostrarla al maggior numero possibile di persone che hanno già interagito con il tuo sito o con il tuo business.

Le campagne Display, inoltre, offrono maggiore controllo rispetto alle campagne Performance Max e Demand Gen: si può infatti lavorare combinando diversi elementi di targeting come segmenti di pubblico, argomenti specifici, oppure scegliere direttamente i siti o le app su cui vogliamo apparire.

Un esempio? Se voglio posizionarmi su contenuti legati alla finanza personale, posso scegliere la categoria ‘economia e finanza personale’, e Google mostrerà i miei annunci su pagine che classifica come pertinenti a quell’argomento. Oppure si può selezionare un posizionamento specifico, come un sito o un’app. Con una precisazione importante: possiamo anche inserire come target giornali quali La Repubblica o il Corriere – per fare degli esempi -, ma se tali siti non fanno parte di Google AdSense e non mettono quindi a disposizione spazi pubblicitari tramite questo sistema, semplicemente i nostri annunci non appariranno. 

Da ricordare: le Display sono una combinazione di tecnologia, strategia e controllo. Ma come sempre, vanno impostate con cura e monitorate con attenzione.

Come si imposta una campagna Display: tipologia, budget, targeting, creatività

Fin qui tutto chiaro, ma come si imposta una campagna Display che sia davvero efficace? Bisogna considerare che ci sono delle scelte basilari che di fatto guideranno tutto il processo. Parliamo di 4 aspetti fondamentali:

  • obiettivo
  • budget
  • targeting
  • creatività

Vediamo ognuno nel dettaglio. 

Obiettivo della campagna Display

L’obiettivo è la prima cosa da stabilire. Perché stai facendo questa campagna? Il motivo può essere: generare traffico, raccogliere lead, aumentare la notorietà del brand o vendere. A seconda dell’obiettivo, si definisce il tipo di campagna e la strategia di offerta più adatta, che può essere manuale (con un controllo più diretto) o automatica, lasciando a Google la possibilità di ottimizzare in base alla probabilità di conversione e avvalendosi dell’Intelligenza Artificiale.

Come si può vedere nell’immagine sotto, tratta dalla guida di Google Ads, si può anche evitare di scegliere l’obiettivo selezionando la modalità “Crea una campagna senza un obiettivo”, ma viene da sé che, se si sta utilizzando Display, è meglio che l’obiettivo sia ben definito. Questo ti aiuterà a comporre e selezionare gli elementi della campagna che Google ritiene fondamentali ed efficaci per i tuoi obiettivi.

Come creare una campagna Display dalla guida di Google Ads

Il budget della campagna Display

Il secondo passo è definire il budget, scelta non facile, lo so. Inizio con il dire che non esiste un minimo fisso, ma tutto è proporzionato alla grandezza del mercato e al costo dei posizionamenti in quello specifico ambito. In nicchie molto verticali potrebbero, per capirci, bastare anche 500 euro al mese. Tutto dipende da una domanda elementare ma pur sempre complessa “Riesco a comprare abbastanza traffico per ottenere i clic delle persone qualificate per il mio annuncio?”.

Viceversa, in settori molto competitivi come la finanza, il real estate o l’e-commerce generalista, possono essere necessari budget più elevati  – anche di migliaia di euro al mese – per avere visibilità e ottenere lead qualificate, o vendite.

In linea generale, le campagne Display offrono un CPC (costo per clic) più basso rispetto alla rete Search. Questo perché parliamo di un traffico meno “qualitativo”: l’utente non sta cercando attivamente la tua soluzione e, in più, ci sono molti più spazi disponibili rispetto alle campagne Search.

Tuttavia, il vero indicatore da tenere d’occhio non è quasi mai il CPC, ma il CPA (costo per acquisizione) o il ROAS (ritorno sull’investimento pubblicitario), che possono variare molto a seconda del prodotto o servizio.

Inoltre, occhio al budget: non incide solo sulla visibilità, ma anche sulla qualità dei dati raccolti. Un investimento troppo basso rischia di non generare abbastanza traffico per permettere all’algoritmo di Google di apprendere e ottimizzare le performance nel tempo con le strategie di smart bidding che sfruttano l’intelligenza artificiale di Google.

Da non dimenticare poi il ruolo del budget nella fase iniziale di test. È utile pianificare una prima fase esplorativa – da due a quattro settimane – in cui si sperimentano diversi asset, target e formati. Una fase che può richiedere un budget specifico, distinto da quello operativo, pensato proprio per raccogliere insight e costruire una base solida per le successive ottimizzazioni.

Il targeting della campagna Display

C’è poi uno dei due elementi più importanti di una campagna. Se fatto male allora come un castello di carta crollerà la base su cui lavorare: il targeting, vale a dire le persone destinatarie dei tuoi “sforzi” pubblicitari. Con Google hai una flessibilità notevole dal momento che puoi combinare segmenti di pubblico, argomenti tematici e posizionamenti precisi su siti e app. 

Per quanto riguarda i segmenti di pubblico, è possibile selezionare gli utenti in base ai loro interessi, ai comportamenti online o alle interazioni precedenti con il nostro brand.

Si può scegliere, ad esempio, tra i segmenti affini, quelli in-market (cioè utenti che stanno valutando attivamente un certo prodotto o servizio), oppure basarsi su dati di prima parte, come chi ha visitato il sito negli ultimi 30 giorni.

A questo si aggiungono i segmenti personalizzati, generati dinamicamente da Google a partire dagli input che forniamo noi: parole chiave legate alle intenzioni di ricerca, contenuti o app simili a quelli utilizzati dal nostro target.

C’è poi il targeting per contenuti e argomenti. Qui si lavora scegliendo temi specifici su cui vogliamo che i nostri annunci appaiano. Come dicevamo prima: se voglio posizionarmi su contenuti legati alla finanza personale, posso scegliere la categoria ‘economia e finanza personale’, e Google mostrerà i miei annunci su pagine che classifica come pertinenti a quell’argomento.

In alternativa o in aggiunta, possiamo usare il targeting per posizionamento, cioè selezionare manualmente i siti o le app su cui desideriamo che i nostri annunci vengano pubblicati. Un’opzione che è particolarmente utile se conosciamo già gli spazi più rilevanti per il nostro pubblico o se vogliamo presidiare canali editoriali specifici.

Tra i targeting, c’è poi il targeting demografico. Cos’è? La possibilità di affinare ulteriormente il pubblico per età, genere, stato parentale o reddito presunto. Si tratta di una funzione utile per escludere segmenti irrilevanti o ottimizzare su quelli più in linea con la nostra buyer persona.

Alla luce di ciò è quindi importante, prima di avviare una qualsiasi campagna Display, conoscere bene il perimetro in cui ci si vuole muovere e, soprattutto, testare combinazioni diverse per trovare quella più efficace nel tempo.

La creatività

Ultimo aspetto, ma tra i più decisivi per il successo di una campagna: le creatività.Quando si imposta una Display, è fondamentale chiedersi: cosa stiamo comunicando? come lo stiamo comunicando? e soprattutto: è rilevante per la nostra buyer persona?

Una campagna Display può includere annunci adattabili, in cui Google combina automaticamente testi, immagini e video per trovare la combinazione più performante.

La qualità degli asset visivi e dei messaggi testuali è fondamentale. Ma altrettanto importante è dove portiamo l’utente: ogni annuncio deve rimandare a una landing page coerente e ottimizzata in base all’obiettivo. Un dettaglio spesso sottovalutato.

Il contenuto della pagina di destinazione fa la differenza. Se prometti il download di un white paper, questa opportunità deve essere chiara fin da subito — idealmente già nell’above the fold della landing page.

Perché? Perché chi arriva da una campagna non ha tempo né voglia di orientarsi tra mille sezioni: se non trova subito quello per cui ha cliccato… se ne va.

I vantaggi delle campagne Display

Le campagne Display offrono numerosi vantaggi che le rendono uno strumento strategico per chi vuole rafforzare la propria presenza online e intercettare nuovi potenziali clienti.
In primis, permettono di raggiungere un’audience molto ampia: grazie alla rete Display di Google, è possibile mostrare annunci su milioni di siti web, blog, app e video, coprendo una varietà vastissima di interessi, comportamenti e contesti.

Altro vantaggio lo abbiamo quando pensiamo a quanto queste campagne siano flessibili in termini di obiettivi da raggiungere: dalla brand awareness alle vendite dirette, passando per la lead generation, si può davvero impostare ogni obiettivo tenendo conto delle esigenze della propria azienda.
La natura visiva della campagna Display  – che si affida a immagini, video e testi –  la rende, inoltre, perfetta per creare un impatto emotivo e visivo forte, che attira l’utente soprattutto nella fase iniziale della customer journey.

Un altro punto a favore è il costo relativamente contenuto: il costo per clic è di solito più basso rispetto alle campagne Search. Un elemento di estremo vantaggio a patto che sia stata costruita, e successivamente ottimizzata, una campagna con solide fondamenta (targeting, annuncio, obiettivo).

In più, la possibilità di fare remarketing e retargeting dinamico rende le Display ideali per recuperare utenti che hanno già mostrato un interesse, aumentando così le probabilità di conversione e rendendo tutto l’ecosistema di comunicazione online – organico e sponsorizzato – coeso e collaborativo.
Come dire: ogni aspetto su cui investi può dare un ritorno.

Tempi di ottimizzazione

Attenzione però a non aspettarsi risultati immediati: trovare il giusto equilibrio tra targeting e creatività può richiedere settimane, se non mesi.

È proprio per questo che parlavamo dell’importanza di un budget iniziale da destinare alla fase di test. Google ha infatti bisogno di tempo per “imparare” dai comportamenti degli utenti che interagiscono con la campagna.

E c’è un altro aspetto da tenere a mente se svolgi attività di lead generation: per Google una lead vale l’altra, ma per la tua azienda no. Se arrivano troppe lead non in target, la piattaforma continuerà a ottimizzarsi su un pubblico sbagliato — e a quel punto, anche se i volumi sembrano buoni, rischi di sprecare budget.

Per questo servono esperti di Google ADS che sappiano verificare in modo costante che l’algoritmo lavori a favore degli obiettivi previsti e non contro. 

KPI e misurazione dell’efficacia

Come fare a capire che una campagna Display sta funzionando? La regola è semplice: bisogna misurare quello che conta. Se il tuo obiettivo è fare lead, bisogna guardare al costo per acquisizione, alla qualità delle lead, e non solo ai numeri grezzi. Per questo è fondamentale confrontare i dati della piattaforma con quelli del CRM, per capire se appunto le lead che arrivano sono davvero utili.

Se invece fai campagne di awareness, allora guarderai a impression, reach, frequenza. Ma anche qui: bisogna sempre cercare di capire se l’annuncio sta generando attenzione reale e, in prospettiva, interesse commerciale. Controllare se aumentano le visite spontanee al sito web, oppure se le altre campagne a conversione mostrano un miglioramento dei KPI possono essere segnali che la campagna si sta mostrando alle persone giuste.

Errori da evitare

Quali sono invece gli errori da evitare?

Eccone alcuni:

  • impostare un targeting troppo generico: se la campagna inizia a ottimizzarsi su un pubblico sbagliato, lo smart bidding lavora su tutto ciò che è errato. Si tratta di un “effetto valanga” che rischia di portarti lontano dal pubblico che davvero ti interessa;
  • non fare pulizia dei posizionamenti, vale a dire lasciare che gli annunci compaiano su siti inutili, poco affidabili o addirittura dannosi per l’immagine del brand. 
  • guardare solo le metriche dentro Google Ads senza confrontarle con la realtà del business. 

Display e strategia digitale: un ruolo chiave nel funnel

Le campagne Display non sono un elemento separato o isolato nella strategia di marketing digitale, come spesso si può erroneamente pensare. Si tratta di un tassello che può, invece, connettere in modo intelligente le diverse fasi del percorso dell’utente. Funzionano bene nella parte alta del funnel, cioè quando le persone non conoscono ancora il brand o stanno iniziando ad avvicinarsi. Proprio in questa fase, dove si costruisce la percezione e si attiva la curiosità, la Display infatti può diventare ancora più decisiva.

Pensiamola così: una campagna simile non ha la forza immediata di una campagna Search quando l’utente scrive “comprare scarpe running taglia 42”, ma ha la capacità di farsi notare prima che quell’esigenza si manifesti. Lavora quindi per attivare l’interesse, creare familiarità, posizionare un nome o un prodotto nella mente del potenziale cliente. In questo senso, è uno strumento di presidio continuo e di costruzione della domanda.

Questa caratteristica la rende anche una leva perfetta per rafforzare ciò che arriva dopo: una Performance Max, una campagna Search o un flusso di remarketing possono performare meglio se, prima, l’utente è già entrato in contatto con il brand in modo visivo e soft. La campagna Display diventa quindi ponte tra il primo impatto e l’azione, elemento connettivo tra chi non ci conosce e chi inizia a pensarci.

Con l’integrazione sempre più stretta tra Display, Demand Gen e altre campagne basate sull’audience, Google sta di fatto costruendo un ecosistema in cui ogni canale ha il suo ruolo, ma lavora insieme agli altri. E in questo scenario, la campagna Display continua ad avere un ruolo importante proprio perché non punta a convertire subito, ma aiuta nell’avviare il dialogo con l’utente e ad attirarlo puntando sul bisogno latente.