Ti ricordi il Nokia 3310, quello indistruttibile che aveva dentro il gioco di Snake? Chiunque ci abbia giocato sa bene cosa significava cercare di evitare mordersi la coda.
Ecco, quando penso al concetto di autosabotaggio digitale, mi viene sempre in mente proprio Snake.
Nel mondo della SEO succede qualcosa di simile: investiamo tempo e risorse per crescere, ma a volte finiamo per “mangiarci da soli la coda”. Creiamo contenuti di qualità, ottimizziamo il sito, ma capita che due (o più) pagine dello stesso dominio finiscano per competere tra loro per la stessa parola chiave o per lo stesso intento di ricerca.
Questo fenomeno si chiama cannibalizzazione SEO. Non nasce da errori gravi o penalizzazioni, ma da attività editoriali e di sviluppo assolutamente normali. Una categoria troppo simile a un post, prodotti quasi identici, schede tradotte senza variazioni o sovrapposizioni tra blog e pagine istituzionali possono spingere Google a non capire (bene) quale pagina mostrare in SERP.
Ed è molto più comune di quanto si pensi. Per questo, in questa guida vedremo cos’è la cannibalizzazione SEO, perché può danneggiare la visibilità del sito e soprattutto come individuarla, prevenirla e risolverla, con esempi reali e una checklist operativa.
Cos’è la cannibalizzazione SEO?
La cannibalizzazione SEO (o keyword cannibalization) si verifica quando più pagine dello stesso sito finiscono per posizionarsi sulla stessa parola chiave o su query molto simili. In questi casi le pagine competono tra loro, dividendo segnali di autorità, link equity e perfino l’attenzione dell’utente.
Attenzione però: la cannibalizzazione non va confusa con la semplice duplicazione di contenuti (cioè lo stesso testo pubblicato su due URL diversi, che è comunque un errore da evitare) né con argomenti che si sovrappongono solo in parte. Qui il problema nasce quando più pagine puntano alla stessa keyword o allo stesso intento di ricerca. Volendo essere più precisi, possiamo distinguere tra keyword cannibalization (più pagine ottimizzate per la stessa parola chiave) e content cannibalization (più articoli che trattano lo stesso argomento con approcci simili), come spiega anche Yoast.
E se già per l’utente questa situazione può essere disorientante… immagina per Google.
Perché si parla di “cannibalizzazione”
Il termine evoca due pagine che si divorano a vicenda in termini di visibilità e traffico. L’immagine è un po’ truculenta, lo so – e no, non è perché chi fa SEO abbia una passione segreta per lo splatter (forse).
È però una metafora efficace: quando due pagine si posizionano per intenti troppo simili, Google non sa quale scegliere e finisce per mostrarle entrambe in SERP. Il risultato? I due contenuti si sottraggono click e autorevolezza.
Il problema è subdolo: all’inizio potresti anche non accorgertene (a meno di non avere la vista da falco). L’effetto non è immediato come una penalizzazione, ma la diluizione dei segnali di ranking è reale: backlink e menzioni si dividono tra più URL, il CTR si abbassa e Google può finire per spingere proprio la pagina “sbagliata”, indebolendo l’intera strategia.
Perché la cannibalizzazione è un problema?
Partiamo da una buona notizia: non sempre la cannibalizzazione è negativa. Se le pagine rispondono a intenti diversi, oppure se una query navigazionale porta naturalmente a più risultati del tuo brand, avere più URL in SERP può perfino diventare un vantaggio. Semrush lo sottolinea chiaramente in un suo articolo: in certi casi, presidiare più posizioni significa semplicemente occupare spazio e ridurre quello disponibile ai competitor.
Nella maggior parte dei casi, però, quando due o più pagine inseguono la stessa intenzione di ricerca, gli effetti sono tutt’altro che positivi. Ecco i principali:
- Confusione della SERP: Google non sa quale pagina considerare più rilevante e può alternare diversi URL, generando oscillazioni di ranking. Risultato? Meno stabilità e più rischio che entrambe le pagine scivolino verso il basso.
- Diluzione del PageRank e dei segnali di autorità: menzioni e link in ingresso si distribuiscono tra più URL, impedendo a una pagina singola di accumulare la forza necessaria per competere.
- Confusione per gli algoritmi: più titoli e contenuti simili rendono difficile per Google capire la gerarchia del sito. Capita spesso che l’algoritmo finisca per posizionare una pagina secondaria invece di quella principale e più completa.
- CTR e UX peggiori: vedere più risultati dello stesso dominio senza una chiara differenza spinge l’utente a cliccare a caso o a non cliccare affatto. I click si dividono e l’esperienza di navigazione diventa dispersiva.
- Spreco del crawl budget: Googlebot ha risorse limitate. Se deve analizzare decine di pagine simili, spreca tempo su contenuti duplicati invece di dedicarsi a pagine nuove e strategiche.
- Problemi di conversione: se più pagine commerciali competono per la stessa query, il traffico rischia di disperdersi su versioni meno ottimizzate o incomplete. Tradotto: ti stai auto-sabotando.
Cause della cannibalizzazione
Ma perché, anche nei progetti fatti bene, ci ritroviamo pagine che si cannibalizzano? Come dicevo prima: è normale che, almeno una volta nella vita di un sito, succeda. Spesso ereditiamo blog o strutture create da altri e non sempre è chiaro quale fosse la strategia (se c’è stata). Col passare del tempo, poi, ci si dimentica cosa è stato pubblicato e perché. Risultato: sovrapposizioni.
Vediamo insieme le cause più frequenti.
Pianificazione e keyword mapping assente
L’errore classico è non mappare keyword e intent prima di produrre contenuti. Facile a dirsi, meno a farsi, soprattutto quando entriamo in corsa in un progetto già avviato.
Nel tempo si scrivono articoli simili, si ottimizzano categorie e tag sulle stesse query, si aprono pagine nuove su temi già coperti. Se poi blog e sezioni istituzionali del tuo sito vivono in compartimenti stagni, la frittata è servita: ti ritrovi in men che non si dica contenuti “cugini” che inseguono la stessa ricerca.
Struttura del sito o architettura informativa confusa
Questo è un altro punto dolente. Se la struttura del sito non è chiara (come evidenzia anche Backlinko), Google si trova davanti a un labirinto: non capisce quali siano le pagine principali, quali le categorie e quali i contenuti di contorno. Risultato? Le tue stesse pagine finiscono per farsi concorrenza.
Prendiamo un esempio semplice: un e-commerce di scarpe. Se ti ritrovi con la categoria /scarpe-da-corsa/, poi /scarpe-running/ e magari pure /running-shoes/, stai dicendo tre volte la stessa cosa con URL diversi. Tu già ti confondi a gestirle, figurati Google. Il motore non sa quale sia la pagina “ufficiale” e divide segnali e ranking tra tutte.
Se hai dubbi su cosa guardare per capire lo stato di salute del sito, dai un’occhiata alla checklist di analisi SEO.
Pagine “duplicate” e pdf
Derivato dal punto precedente, possiamo trovarci con pagine molto simili ma non identiche. L’esempio più classico è l’e-commerce. Ogni volta che aggiungi varianti dello stesso prodotto, stai moltiplicando URL: uno per ogni combinazione, tutti con titolo e contenuto quasi uguali. Anche in un e-commerce di medie dimensioni questo vuol dire centinaia di URL potenzialmente duplicati.
Altro caso frequente: le versioni PDF scaricabili di un contenuto già online. Anche quelle finiscono per competere con la pagina originale. E se non ci ricordiamo di metterle in noindex, possiamo ritrovarci brutte sorprese in SERP.
La soluzione? Ne parliamo in questo paragrafo.
Aggiornamenti senza redirect
Capita spesso con i blog post: decidi di fare un refresh, magari perché il contenuto è vecchio o perché lo slug originale non funziona più. Invece di modificare quello già esistente, pubblichi una nuova pagina più aggiornata. Risultato? Ti ritrovi con due URL molto simili che parlano dello stesso argomento.
Se poi ti dimentichi di fare il redirect dalla vecchia versione alla nuova, i segnali SEO si dividono: il nuovo articolo non riceve tutta la forza dei link e delle condivisioni accumulate in passato, e Google potrebbe continuare a spingere proprio la pagina “vecchia”, vanificando parte del lavoro.
Strategia di link interna casuale
Questo è uno dei punti più sottovalutati. Come ci ricorda John Mueller, i link interni sono uno degli strumenti più forti per dire a Google quale pagina conta davvero. Eppure, ammettiamolo, nella maggior parte dei casi vengono messi in modo un po’ casuale.
Il problema si nota soprattutto quando pagine correlate non si rimandano fra loro, oppure quando i link interni puntano a URL diversi per la stessa keyword. In entrambi i casi il risultato è lo stesso: il segnale si disperde e le tue pagine finiscono per farsi concorrenza interna.
Alla fine, se guardi bene, il filo rosso è sempre lo stesso: mancanza di pensiero strategico. La maggior parte dei casi di cannibalizzazione nasce da una pianificazione fatta male (o non fatta affatto) a monte.
Come individuare la cannibalizzazione
Abbiamo visto le cause, ma come facciamo a capire se sul nostro sito ci sono cannibalizzazioni in corso? Il primo passo è identificare quali keyword e quali pagine stanno competendo. Non esiste un solo metodo: ce ne sono diversi, alcuni alla portata di tutti, altri più avanzati o a pagamento.
Un po’ come nel gioco di Snake: più il serpente cresce, più diventa difficile evitare di mordersi la coda. Lo stesso vale per i siti: più diventano grandi, più è complicato individuare tutti i casi di cannibalizzazione e, soprattutto, capire quali siano davvero prioritari rispetto ad altri.
Analisi con gli operatori di Google
Il metodo più semplice, accessibile a chiunque, è usare l’operatore site:tuodominio.com “parola chiave” per vedere quali URL Google associa a una determinata query. Se emergono più risultati simili, è un buon indizio che ci possa essere cannibalizzazione.
Puoi affinare la ricerca combinando l’operatore con intitle: e inurl: per scovare titoli e slug ripetuti.
È vero, è un metodo un po’ grezzo: non consente di analizzare grandi quantità di dati, ma resta un ottimo primo step per verificare velocemente un sospetto di cannibalizzazione su keyword specifiche, senza bisogno di tool a pagamento.

Google Search Console
Qui saliamo di livello, ma restiamo su uno strumento accessibile a tutti: Search Console. Nella sezione Risultati di ricerca puoi vedere quali pagine ricevono clic e impression per una determinata query.

Una funzione che tanti ancora non usano abbastanza è quella dei filtri: per quanto grezza, ti permette di inserire la keyword che vuoi esplorare e scoprire subito tutti gli URL che Google fa comparire in SERP per quella parola.

A partire da qui puoi capire se ci sono più pagine che si contendono la stessa query. Se noti che le impression si distribuiscono in modo più o meno uniforme su diversi URL, quello è un primo segnale di cannibalizzazione da approfondire.
Facciamo un esempio pratico: per la keyword “come si scrive un blog” sulla Search Console di Clickable abbiamo due pagine. Il primo dato da guardare è quello delle impression: se la distribuzione è piuttosto equa può significare che Google mostra alternativamente una o l’altra pagina in SERP quando l’utente cerca quella query.

In questo caso, però, dai dati di clic, impression, CTR e posizione si capisce chiaramente che Google sta preferendo una pagina rispetto all’altra. E infatti qui non parliamo di cannibalizzazione.
Strumenti SEO specializzati
Quando il sito diventa grande, affidarsi solo a ricerche manuali non basta più. È qui che entrano in gioco gli strumenti SEO: non sostituiscono l’analisi umana, ma ti aiutano a risparmiare tempo e a individuare pattern che a occhio nudo sfuggirebbero.
I tool servono proprio a questo: raccogliere dati, metterli in ordine e indicarti dove approfondire.
Prendiamo SEOZoom come esempio: entrando nel progetto che stai monitorando, nella tab Pagine trovi la voce Cannibalizzazione. Lì puoi vedere il rendimento di ciascun URL e tutte le keyword associate. Per ogni pagina, la piattaforma evidenzia se ci sono altre pagine simili che potrebbero generare concorrenza interna.

Il consiglio migliore che mi sento di darti però è: non delegare tutto ai tool. Queste suite ti semplificano certamente la vita, ma non hanno la bacchetta magica. Alla fine l’analisi vera la fai tu: i dati vanno letti, confrontati e interpretati con la tua testa. Nessuno strumento ti darà mai la soluzione definitiva.
Report di posizionamento
Questo step riunisce un po’ i metodi visti finora e ti permette di concentrare tanti dati in poco spazio. Creare un report di posizionamento, che sia dal tuo tool SEO preferito o anche solo da un export di dati (ognuno ha il suo stile), è un modo pratico per capire quali pagine si posizionano per ciascuna keyword.
Se per la stessa parola chiave trovi due o tre pagine del tuo sito in SERP, è un segnale che non va ignorato.
Il vero vantaggio di questo tipo di report è la visione d’insieme: non analizzi una keyword alla volta, ma hai subito il quadro completo delle pagine che si contendono le stesse ricerche. È un ottimo punto di partenza per capire dove intervenire e mettere ordine.
Strategie per risolvere la cannibalizzazione
Come quando giocavi a Snake e cercavi di non mangiarti da solo, anche in ambito SEO ci sono alcune buone pratiche da seguire per uscire indenni dalle situazioni di cannibalizzazione.
Vediamole insieme.
Unisci i contenuti (e usa i redirect 301!)
Non mi stancherò mai di dirlo: aggiungere e basta non è sempre cosa buona e giusta. Anzi, si rischia di fare un mappazzone (Barbieri docet) di contenuti senza una linea chiara.

Se ti ritrovi con due articoli che trattano lo stesso argomento, spesso la scelta migliore è unire i contenuti in un’unica risorsa più completa e reindirizzare la pagina più debole verso quella nuova.
Così concentri il PageRank, offri a Google e agli utenti una pagina più autorevole e, soprattutto, metti un po’ d’ordine. A volte è meglio pochi ma buoni!
Diversifica l’intento e il target
In altri casi, invece, puoi decidere di differenziare i contenuti. Magari hai due articoli non sono proprio identici, ma troppo simili: in questo caso puoi riposizionarli dando a ciascuno un taglio più preciso.
Qui entra in giocoanche un buon lavoro preliminare sulle Buyer Personas: se non sai a chi stai parlando (e come), rischi di girare sempre intorno allo stesso punto.
Facciamo un esempio: hai due articoli sul tema “keyword research” che si sovrappongono. Potresti trasformarne uno in una guida completa e approfondita (intento informativo: cos’è, come si fa, errori comuni, best practice) e usare l’altro per rispondere a un sotto-intento più specifico (per esempio, i migliori strumenti per fare keyword research).
Le strade sono infinite: serve un po’ di fantasia, la capacità di leggere i dati, una buona conoscenza delle tue buyer personas e, naturalmente, saper scrivere bene. Insomma… poca roba!
Non dimenticare il canonical tag e il noindex
Chiunque abbia messo mano a un e-commerce lo sa bene: le pagine prodotto con varianti e parametri possono cannibalizzarsi.
In questi casi la prima cosa da saper gestire è l’attributo rel=canonical, che serve a dire a Google qual è l’URL da considerare “principale”.
Attenzione però: il canonical è una nostra indicazione a Google, non un ordine. E quindi può non seguirla. Hai presente quando in Search Console compare l’avviso “Pagina duplicata, Google ha scelto una pagina canonica diversa da quella specificata dall’utente”?
In alternativa, se la pagina non ha valore di ranking, puoi impostare un noindex per escluderla dalle SERP. E se vuoi anche risparmiare un po’ di crawl budget, puoi bloccarla nel file robots.txt ma solo dopo averla tolta dall’indice, mi raccomando. Altrimenti resterà lì, viva e vegeta, a imperitura memoria.
Migliora i link interni
L’ho già detto all’inizio, ma lo ripeto per chi in quel momento non prestava attenzione: i link interni sono una leva potentissima per indirizzare valore verso le pagine che contano davvero.
Vuoi far sparire dai radar una risorsa vecchia o inutile? La elimini, mi dirai. Certo, ma se per mille motivi (politici, di immagine, storici…) quella pagina deve restare online, puoi iniziare a toglierle link e ridistribuire il valore verso la risorsa più aggiornata e rappresentativa. Non farà miracoli, ma è sicuramente una buona mano.
Attenzione, però. I link interni devono sempre avere anchor text coerenti e una logica chiara. Linka sempre la pagina principale per la keyword più importante, costruisci silos tematici e mantieni una navigazione verticale.
Pianifica (in anticipo) la produzione editoriale
Infine, prevenire è meglio che curare. Gioca d’anticipo e cerca di non ritrovarti nella situazione critica – per quanto possibile, ovviamente. Anzi, il vero gioco è adattarsi in fretta: ai cambi di algoritmo, alle nuove SERP, alle evoluzioni del mercato. Il punto è saper cambiare idea quando i dati ti portano in un’altra direzione e correggere la strategia passo dopo passo, proprio come insegna il metodo scientifico.
Detto ciò, investire un po’ di tempo iniziale per pianificare ti aiuta ad avere una panoramica chiara, capire dove intervenire e con quali priorità.
Partire con una pianificazione editoriale è uno step che, cannibalizzazione o meno, tutti dovrebbero fare oggi. Altrimenti è un po’ come decidere di preparare un timballo senza assicurarsi di avere tutti gli ingredienti… poi non ti puoi lamentare se esce una schifezza.
Ricerca e studia gli argomenti e le keyword potenziali per capire se si sovrappongono. Strumenti come SEOZoom ti permettono di verificare il livello di affinità tra due keyword: se la sovrapposizione supera il 60–70%, forse è meglio andarci con i piedi di piombo.
E prima di scrivere un nuovo articolo, controlla sempre se esiste già un contenuto simile: a volte basta aggiornarlo (facendo anche un grosso favore a Google) integrando le ultime novità.
Infine, pianificare vuol dire anche tenere traccia dei contenuti già pubblicati e dei topic cluster che stai costruendo, così da evitare sovrapposizioni future e mantenere coerenza editoriale.
Checklist operativa per accorgersi se hai un caso di cannibalizzazione
Facciamo un piccolo specchietto riassuntivo per verificare se hai casi di cannibalizzazione in corso:
- Parti da un sospetto: hai notato cali improvvisi su keyword importanti? Bene, è il segnale che qualcosa potrebbe non funzionare come dovrebbe.
- Cerca le “doppie” su Google: usa l’operatore site:tuodominio.com “keyword” e dai un’occhiata ai risultati: se compaiono più pagine molto simili per titolo o argomento, potresti avere un primo caso di sovrapposizione.
- Conferma con la Search Console: nel report Risultati di ricerca, filtra per la keyword e controlla se le impression si dividono tra più URL. Se sì, hai trovato due (o più) pagine che si contendono la stessa query.
- Capisci chi merita di restare: tra le pagine in conflitto, individua quella più forte: più traffico, più backlink, più completa. È quella che va mantenuta o potenziata; le altre vanno integrate, accorpate o riposizionate.
- Controlla la struttura e i link interni: verifica se stai rinforzando la pagina giusta con i link interni o se, senza accorgertene, stai distribuendo segnali a più URL per la stessa keyword.
- Chiudi il cerchio: dopo l’analisi, decidi come intervenire: unisci, riscrivi, diversifica o redireziona. L’obiettivo è che per ogni intento di ricerca ci sia una sola pagina chiara, utile e coerente.
Il gioco non finisce qui: impara a non morderti la coda
La cannibalizzazione SEO è un fenomeno subdolo: spesso passa inosservato finché la visibilità cala senza un motivo apparente. Non è una penalizzazione, ma il risultato di una gestione poco strategica dei contenuti e della struttura del sito.
Come abbiamo visto, può nascere da un piano editoriale confuso, da pagine duplicate o quasi uguali, da un uso improprio di filtri e parametri o da una gerarchia interna poco chiara. Il risultato è sempre lo stesso: Come quando giocavi a Snake e cercavi di non mangiarti da solo, anche in ambito SEO ci sono alcune buone pratiche da seguire per uscire indenni dalle situazioni di cannibalizzazione..
La buona notizia è che la cannibalizzazione si può gestire e prevenire. Con un’analisi accurata delle keyword, una corretta gestione dei redirect, l’uso consapevole di canonical e noindex, una chiara differenziazione degli intenti e una struttura di link interni ben pensata, le pagine in concorrenza possono diventare un sistema che lavora in sinergia.
In fondo, il principio è lo stesso di Snake: puoi crescere finché vuoi, ma se non impari a controllare la direzione, prima o poi finisci per morderti la coda.
