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Migrazioni SEO: errori fatali da evitare nel restyling del tuo sito aziendale

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Rifare il sito è una decisione cruciale per rinnovare la tua presenza online: è il segnale che la tua aziendacresce e sta guardando al futuro. L’entusiasmo e l’emozione, però, possono farti sottovalutare una delle insidie più pericolose: una migrazione SEO gestita male.

Ogni modifica apportata al sito, che si tratti di un semplice aggiornamento o di un completo restyling, porta con sé rischi concreti: può cancellare anni di risultati, compromettere la visibilità che hai conquistato e minare l’efficacia del tuo investimento digitale. Senza una strategia SEO ben progettata, ogni problema trascurato può trasformarsi in un incubo, e potresti ritrovarti con un sito bellissimo… che nessuno trova.

Per aiutarti a partire con il piede giusto abbiamo raccolto i principali rischi e le criticità che incontriamo ogni giorno quando supportiamo aziende come la tua in fase di migrazione. In questa pagina scoprirai:

  • quali sono gli errori più comuni e sottovalutati;
  • perché una checklist SEO non è un optional;
  • come affrontare una migrazione in modo sicuro e consapevole.

 E se vuoi cominciare da qualcosa di pratico, dai un’occhiata alla nostra checklist SEO per la migrazione HTTPS.

Se stai pensando di rifare il tuo sito o stai valutando una migrazione importante, questo è il momento giusto per fermarti, acquisire consapevolezza e scegliere il percorso più sicuro. 

Continua a leggere per approfondire gli errori più comuni in fase di migrazione e quali conseguenze hanno. Altrimenti, scopri il nostro servizio di migrazione SEO.

Quando la migrazione si trasforma in un incubo: casi studio

La migrazione SEO è essenziale ma delicata, un vero e proprio atto di equilibrismo digitale. Sbagliare significa trasformare un’opportunità in un incubo, compromettendo traffico, visibilità e, in ultima analisi, fatturato. Di seguito, esploriamo alcuni casi studio – senza nominare direttamente le aziende coinvolte – che illustrano le sfide e le trappole da evitare.

6000 keyword perse per una segmentazione pianificata male

Crollo di keyword dopo la migrazione

Una multinazionale, leader nel settore della produzione industriale, ha intrapreso il percorso di migrazione con l’obiettivo di ottimizzare la sua visibilità sui mercati internazionali. La decisione di suddividere il proprio sito in domini separati per lingua si è rivelata fatale: la perdita immediata di circa 6.000 parole chiave e un crollo del 50% nel numero totale di keyword posizionate sui motori di ricerca hanno evidenziato la pericolosità di una strategia non supportata da un’analisi SEO approfondita e da un piano di migrazione adeguato.

30% del traffico perso a causa di 10 pagine messe offline

Grafico che mostra il traffico organico perso

Un’altra azienda, specializzata in consulenza aziendale, ha visto svanire il 30% del suo traffico organico a causa dell’eliminazione di pagine ritenute non essenziali durante un restyling. La sottovalutazione dell’importanza di tali pagine dal punto di vista SEO e la mancanza di redirect 301 hanno avuto un impatto diretto sulle conversioni, che sono diminuite del 50%, dimostrando come anche piccole omissioni possano avere conseguenze significative.

192.000 euro bruciati per risparmiare sulla consulenza SEO

Un’impresa di commercio elettronico operante nel settore dell’ufficio ha vissuto il suo particolare incubo quando, tentando di risparmiare sull’assistenza specialistica, ha perso il 70% del traffico dopo una migrazione mal gestita verso una nuova piattaforma CMS. Questo ha portato a una riduzione drastica del fatturato mensile, da 10.000 a 2.000 euro. Ci sono voluti quasi 24 mesi per tornare ai livelli precedenti: un danno che, sommando il fatturato mancato al budget di advertising speso per compensare l’assenza di traffico, è costato all’azienda 192.000 euro.

Rifare il sito: la checklist per i responsabili marketing

Questo articolo è stato scritto e pensato per responsabili marketing di aziende di medie/grandi dimensioni. Lo scopo è quello di raccontarti quello che devi sapere prima di iniziare e di darti delle linee guida che possano aiutarti a muovere i primi passi. Finora ho dato per scontato che tu non debba mai “mettere le mani in pasta” sulla componente tecnica di questa lavorazione, e che tu abbia solo bisogno di sapere come funzionino le cose per impostare correttamente il progetto e scrivere un capitolato di spesa utile alla ricerca di fornitori.

Adesso però dovrò entrare un po’ più nel dettaglio e affrontare anche alcuni aspetti tecnici: questo ti permetterà di riconoscere gli errori più comuni durante una migrazione SEO e di comprendere meglio le principali fasi operative di questo processo.

Errori comuni nel processo di migrazione

Mancanza di pianificazione

Uno degli errori più critici è la mancanza di una pianificazione adeguata. Senza una mappatura accurata degli URL e una strategia di redirect 301 ben definita, è facile incappare in errori che possono portare alla perdita di ranking e visibilità. Una migrazione gestita in modo inefficace può cancellare anni di lavoro SEO. Ecco perché ogni restyling o spostamento di dominio dovrebbe partire da un piano dettagliato, condiviso tra SEO, sviluppatori e marketing, che abbia come obiettivo primario la salvaguardia del posizionamento e la continuità delle performance.

Lavorare sul server di produzione

La tentazione di apportare modifiche in tempo reale può essere forte, ma è fondamentale resistere. È preferibile utilizzare sempre un’area di staging per testare cambiamenti e aggiornamenti prima del lancio ufficiale. Questo precauzionale step riduce notevolmente il rischio di errori che potrebbero non solo rendere il sito inaccessibile, ma anche danneggiarne seriamente il posizionamento nei motori di ricerca.

Pubblicare un sito non ottimizzato

Il nuovo sito deve essere “perfetto” sia dal punto di vista tecnico che da quello contenutistico. È molto importante:

  • evitare che sia più lento di quello che si vuole sostituire;
  • che sia ottimizzato per i dispositivi mobile;
  • che ci siano tutti i meta tag compilati e della lunghezza corretta;
  • assicurarsi che non ci siano errori 4xx o 3xx interni.

Go live in prossimità delle ferie

Non programmare migrazioni vicino al weekend o a periodi di ferie: per evitare complicazioni e tempi di inattività estesi, le migrazioni dovrebbero essere pianificate nei giorni lavorativi. Questo assicura la disponibilità del team di supporto, pronto ad affrontare e risolvere rapidamente eventuali problemi che potrebbero emergere.

Non iniziare senza una preparazione adeguata 

Una migrazione di successo richiede:

  • Un backup completo del sito per prevenire la perdita di dati;
  • una scansione approfondita del sito attuale per identificare problemi esistenti;
  • una mappatura dettagliata delle URL per garantire una corretta reindirizzazione nel nuovo sito;
  • una mappatura delle pagine di destinazione per preservare o migliorare la SEO;
  • un’analisi SEO di verifica: prima del lancio ufficiale, è cruciale effettuare un’analisi SEO per assicurarsi che tutti gli elementi siano ottimizzati correttamente e che la struttura del sito sia pensata per i motori di ricerca.

Credere che sia sufficiente un restyling per migliorare il posizionamento

Un errore ricorrente nei progetti di restyling è pensare che un sito nuovo, solo perché più moderno e accattivante, venga automaticamente premiato da Google.
È un’idea che nasce da una logica apparentemente corretta: se il sito è più bello e ordinato dovrebbe anche salire nei risultati di ricerca. In realtà, Google non ragiona così. Il motore di ricerca non valuta l’estetica o il design, ma tiene conto della coerenza tra contenuti, struttura, segnali storici, autorevolezza e soprattutto della continuità tra il “prima” e il “dopo”.

Spesso, quando si riprogetta un sito senza coinvolgere un SEO specialist nella fase iniziale, si finisce per fare scelte che danneggiano la visibilità invece di migliorarla. Viene cambiata la struttura degli URL senza pianificare correttamente i redirect, vengono rimosse pagine che magari non portano traffico in modo evidente, ma che sostenevano il sito o avevano backlink rilevanti. Il risultato? Google trova un sito irriconoscibile e inizia a valutarlo come se fosse completamente nuovo, azzerando di fatto anni di lavoro.

A peggiorare le cose, c’è spesso la convinzione che basti “mettere qualche redirect” per non perdere ranking. Ma i redirect non sono una garanzia. Se non sono strutturati in modo strategico e coerente, possono causare errori 404, confondere l’algoritmo o indirizzare l’utente verso pagine irrilevanti.

Questo errore può costare caro. Capita di vedere restyling lanciati con entusiasmo, per poi scoprire — a distanza di poche settimane — un crollo del traffico organico, il calo delle keyword in prima pagina e un impatto diretto su lead e vendite. E a quel punto, ricostruire la fiducia di Google richiede tempo, risorse e pazienza.

Eliminare contenuti storici senza valutare il valore SEO

Allo stesso modo, un errore che vediamo spesso nei restyling è l’eliminazione di intere sezioni di contenuto perché considerate vecchie, fuori tono di voce o semplicemente non più in linea con la nuova immagine del brand. Articoli di blog, pagine di approfondimento, guide tecniche o FAQ vengono scartati per lasciare spazio a una comunicazione più pulita e orientata alla conversione.
Il problema è che molti di quei contenuti sono fondamentali per il posizionamento organico.

Non sempre le pagine che portano traffico sono facilmente raggiungibili. Anzi: spesso sono proprio le pagine secondarie, magari scritte anni fa, a far posizionare keyword di valore.
Pensa a una guida che si posiziona per una long-tail molto specifica, o a una pagina tecnica linkata da un blog di settore: se la elimini senza prevedere un’alternativa o un reindirizzamento, stai rinunciando a un pezzo di traffico gratuito e qualificato.

Inoltre, questi contenuti “storici” sono spesso parte integrante del profilo SEO complessivo del sito: contribuiscono all’autorevolezza tematica, alimentano la rete dei link interni e consolidano la fiducia di Google verso il dominio. Rimuoverli senza un’analisi può creare squilibri che non si notano subito, ma che nel tempo provocano cali di ranking difficili da spiegare.

La regola è semplice: prima di eliminare qualsiasi pagina, è fondamentale valutarne:

  • il traffico attuale e storico;
  • i backlink ricevuti;
  • il posizionamento su keyword specifiche;
  • il ruolo nella strategia editoriale e nella navigazione interna.

Una migrazione SEO di successo significa costruire su ciò che funziona, riorganizzarlo se serve, ma senza perderne il valore.

Rifare il sito: quali sono gli step di lavoro

Prima della Migrazione

  • Crea su un’area di staging e lavora su quella, in modo da non fare modifiche sul sito indicizzato.
  • Backup Completo: assicurati di avere un backup completo del sito attuale, inclusi database e file.
  • Esportazione e salvataggio dei dati riguardanti Google Analytics, Search Console, backlink ricevuti (da Majestic SEO o Ahrefs), scansione completa fatta tramite Screaming Frog.
  • Mappatura URL: crea una mappa dettagliata degli URL attuali e dei loro corrispondenti sul nuovo sito per pianificare i redirect 301. Se per il sito sono importanti, suggerisco di mappare e redirezionare anche video e immagini.
  • Mappa i vecchi redirect: non pensare solo al presente e al futuro, fai una mappatura dei redirect impostati nel passato.
  • Mappa le pagine di destinazione: fai una mappatura delle principali pagine di destinazione e assicurati che questi contenuti siano presenti anche nel nuovo sito per evitare di perdere traffico qualificato.
  • Mappatura delle keyword e dei posizionamenti: per avere chiara la situazione prima di fare la migrazione. 

Durante la Migrazione

  • Crea una “tabella di migrazione”: questa può essere gestita in maniera automatica, tramite regole (opzione migliore quando il sito è molto grande), oppure manualmente. Serve per fare in modo che i vecchi URL vengano direzionati su quelli nuovi e che non si generino errori 404.
  • Scansioni a confronto: poco prima della fase finale, fai due scansioni, una sul server in staging e una sul server in produzione e mettile a confronto per vedere cosa è cambiato dal sito vecchio al nuovo. Usa queste informazioni per arricchire la tabella di migrazione.

Dopo la Migrazione

  • Verifica che il sito non sia in no index, sia da desktop che da mobile.
  • Verifica dei redirect: controlla che tutti i redirect 301 siano attivi e corretti.
  • Analisi SEO Post-Migrazione: fai un’analisi SEO per assicurarti che il nuovo sito non abbia problemi tecnici o contenutistici.
  • Monitoraggio Errori 404: tieni d’occhio la Google Search Console per gli errori 404 e risolvili prontamente.
  • Aggiornamento Search Console: per aggiornare il dominio (in caso di cambio) e caricare la nuova Sitemap del sito.
  • Controllo elementi essenziali: un aspetto tecnico che va verificato soprattutto quando si passa a CMS custom fatti con dei famework Java, è controllare che tutti gli elementi in pagina essenziali (come i title, le meta description e gli H1) siano presenti nell’HTML originario e non solo in quello renderizzato lato client. Ed è fondamentale che tutti i link siano “crawlabili” e non siano dei link generati da script.

#MigrazioniDaIncubo: il video corso

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