“Le parole sono importanti!”
Lo urlava Nanni Moretti in Palombella Rossa, nella famosa scena in piscina. Magari ti è tornata in mente e forse ti è anche scappato un sorriso, pensando che, in fondo, aveva ragione. Sì, vero, spesso usiamo le parole un po’ a casaccio.
Ma le parole non sono importanti solo quando dobbiamo spiegare concetti complessi, sostenere un’opinione o scrivere un report.
Lo sono anche – e soprattutto – quando sembrano minuscole, quasi invisibili.
Parole brevi, rapide, quotidiane. Quelle che leggiamo mentre navighiamo, compiliamo un form o clicchiamo su un bottone.
Sono i microcopy, i dettagli che fanno la differenza nell’esperienza digitale (e non solo). Una manciata di termini che sta alla base di una CTA, che riempie una pagina 404 o che prova a invitare l’utente a iscriversi a quella newsletter che arriverà una volta a settimana.
Forse l’avrai pensato anche tu: ma se sono poche parole che guidano un’azione, perché dovrei impiegare tanto tempo nel pensarle e non limitarmi a scrivere, per esempio, frasi come “Scopri di più?” o “Clicca qui?”.
La risposta è semplice: perché, nella partita che giochi per avere più click, più iscritti, più visite al tuo sito, più acquisti, i microcopy o microtesti – se vuoi dirlo all’italiana – sono degli attori importanti, anzi dei veri protagonisti e non delle mere comparse.
Cambiare un verbo, usare una parola anziché un’altra, chiudere la frase con un punto interrogativo sono solo alcuni esempi di azioni che possono aumentare le conversioni più di quanto pensi.
Insomma i microcopy sono come il genio della lampada di Aladdin, hanno “fenomenali poteri cosmici in un minuscolo spazio vitale”.
Vediamo come maneggiare questi poteri con cura.
Cosa sono i microcopy e in cosa si differenziano dagli altri testi?
Innanzitutto cerchiamo di dare una definizione in merito a cosa è un microcopy.
Anche a chi non conosce il greco antico, quel suffisso “micro” indica subito che si tratta di qualcosa di piccolo, breve. Un microcopy o microtesto quindi è un testo di poche parole che compare all’interno delle interfacce digitali e non solo.
Se stai navigando in un sito e clicchi sul pulsante, il testo che c’è all’interno e che ti invita a farlo è proprio un microcopy. Ma microcopy è anche l’insieme di parole che caratterizza i messaggi di stato (hai presente quando ti compare un errore 301? Per dirne uno) così come fanno parte dei microtesti anche le parole di un form, sia quando vieni invitato a mettere i tuoi dati, che per esempio a lasciare un messaggio. Ma anche sui social i microcopy spopolano: pensa ai testi all’interno dei reel o delle stories, solo per dirne qualcuno.
A cosa servono i microcopy?
Fin qui tutto chiaro – o quasi – ma a cosa servono questi microtesti? Gli scopi sono diversi e dobbiamo dirlo: tutti importanti per il tuo business.
Un microtesto può guidare al meglio l’utente durante la sua customer experience online (desktop o mobile, è indifferente). Così come può rassicurarlo, orientarlo e facilitare le sue interazioni. Pensiamo al messaggio che ti arriva dopo aver compilato un form o effettuato un pagamento: quanto ci rassicura riceverlo per capire se l’operazione è andata a buon fine?
Ma non solo, grazie ai microtesti, poi, si può rendere più umano il tono di voce.
Diciamo che un microcopy ben scritto aiuta il tuo utente – lead o cliente già fidelizzato – a sentirsi bene prima, dopo o durante un’azione, qualsiasi essa sia.
La chiarezza e l’empatia di un buon microcopy hanno un effetto placebo sull’utente: riducono la sua ansia da clic – che in un periodo in cui il click baiting regna sovrano è tutt’altro che trascurabile – migliorano la fiducia e aumentano la probabilità che l’utente completi il funnel. Nel tempo, piccoli miglioramenti nei microcopy portano a grandi risultati in termini di conversioni, perché rendono ogni passaggio dell’esperienza più fluido, naturale e piacevole.
Un microtesto ben scritto, inoltre, dà un notevole supporto alle strategie SEO.
Immagina una situazione simile: un articolo molto strategico per il tuo business è ben posizionato, facilmente reperibile sui motori di ricerca ma anche su quelli conversazionali (leggi: tool AI) ma poi la call to action è scritta in modo grossolano e poco convincente.
Quand’è così è un’occasione persa: magari l’utente ha letto il contenuto tutto o solo in parte, ma non ha fatto nessuna azione perché la CTA non l’ha attratto o non si è sentito a suo agio. Quindi hai sì ottenuto un ottimo posizionamento, ma non c’è stata nessuna conversione.
Insomma, bene ma non benissimo.
Alla luce di quanto abbiamo scritto, i microcopy non sono solo “parole a margine”, ma dei veri e propri elementi di design conversazionale. Sono quindi capaci di influenzare il comportamento dell’utente, esprimere la personalità del brand e migliorare la user experience. Tutte cose che interessano chiunque abbia un business che opera nel digitale.
Qualche esempio di microcopy ben scritti
Vediamo insieme qualche esempio pratico, per capirci meglio.
Quando c’è un malfunzionamento sul sito, un microcopy molto comune e scritto con poca attenzione è:
“Errore. Riprova più tardi”.
In effetti, il messaggio è chiaro, sintetico e comunica all’utente cosa sta succedendo e cosa deve fare. Lo fa però in modo freddo, asettico, senza personalità.
Un microcopy come questo:
“Ops, qualcosa è andato storto, ma stiamo lavorando per risolverlo. Riprova tra qualche minuto.”
è decisamente più empatico, caldo e ironico. E, ammettiamolo, anche più coinvolgente.
Inoltre, aiuta a raggiungere l’obiettivo di cui parlavamo prima: rassicura la persona che chi è dall’altra parte sta lavorando per risolvere il problema. In una situazione di malfunzionamento di una pagina, di un servizio ecc.., insomma, la fa sentire “tranquilla”.
Un altro esempio molto carino, non so se lo ricordi, risale al periodo in cui Canva era più lento e meno performante rispetto ad adesso. Non era raro attendere qualche secondo prima che un progetto a cui volevi lavorare si aprisse e, per ingannare l’attesa senza annoiare l’utente, Canva aveva puntato tutto sui microcopy: “sto preparando la tovaglia per il picnic”, “sto sfornando le crostate” vado a memoria ma sono solo alcuni dei microcopy geniali che comparivano durante il caricamento.
Un’idea semplice ma funzionale: invece di nascondere il tempo morto, Canva lo ha riempito, trasformando un momento potenzialmente frustrante in un’occasione per avvicinarsi all’utente con tenerezza e attesa, lasciandogli l’idea che qualcosa di importante lo aspettasse e che ne valesse la pena.
Ma non solo: questi testi rafforzano l’immagine e la personalità del brand agli occhi di chi usa la piattaforma, inquadrandolo immediatamente in un immaginario calmo, rassicurante e profondamente coerente con la sua identità visiva e comunicativa.
Geniale vero?
Microcopy e user experience: dove troviamo i piccoli testi?
Detto questo, veniamo al dunque: ma dove sono questi microcopy? E come faccio a capire bene la loro utilità?
Ecco i principali punti in cui si trovano i microcopy:
- Pulsanti e call to action (CTA)
Ogni invito all’azione, che sia il click sulla tua pagina di prodotto, la richiesta di scaricare un whitepaper o di iscriversi alla newsletter, è intimamente legato al microtesto. Parliamo di poche parole all’interno di un pulsante o nel corpo del testo che devono essere coinvolgenti, ispiranti, in un certo senso seduttive (dove sedurre, dal latino, vuol dire condurre con sé). Uno “Scopri di più” così generico può essere sostituito da un più coinvolgente “Mostrami come funziona”, migliorando la conversione. - Form e campi di input
Dalle etichette (“Inserisci la tua email”) ai messaggi di aiuto (“Non condivideremo mai il tuo indirizzo”), fino agli alert di errore (“La password deve contenere almeno 8 caratteri”), i microcopy nei form riducono l’attrito e guidano il tuo utente passo dopo passo. Attenzione: gli stai chiedendo dei dati personali quindi è importante che il tuo piccolo testo rassicuri e ispiri fiducia! - Messaggi di stato e feedback dell’interfaccia
Caricamenti, conferme (“Grazie! La tua richiesta è stata inviata”), errori o messaggi temporanei sono tutte situazioni in cui i microtesti la fanno da padrone. Anche in questo caso l’obiettivo è costruire fiducia e rassicurare l’utente che tutto si sistemerà o che la sua azione avrà buon esito. - Onboarding e walkthrough
Durante le prime interazioni con un’app o un software, i microcopy accompagnano l’utente nel percorso di scoperta, rendendo l’apprendimento più semplice e rassicurante. Pensa che ogni utente che arriva sulla tua interfaccia, anche se non la conosce, probabilmente ha già un’esperienza con altre app. Utilizzare dei testi che gli facciano capire come muoversi in modo pratico e immediato è fondamentale. - Pagine di errore o stati vuoti (es. 404)
Anche nei momenti critici, i microtesti fanno la differenza. Una pagina 404 con un tono umano e un invito all’azione (“Non trovi quello che cerchi? Torna alla home”) può trasformare una frustrazione in un’opportunità. - Chatbot e assistenti virtuali
Anche le risposte automatiche sono fatte di microcopy. Un chatbot empatico e chiaro, grazie a microtesti ben scritti, può migliorare l’esperienza utente in modo significativo. - Metadati SEO
Fanno parte dei microcopy anche i metadati SEO, vale a dire il tag title, la meta description così come lo slug, ossia la parte modificabile di un URL. Anche in questo caso conta tantissimo non essere banali e far capire all’utente cosa c’è dentro la tua pagina o dentro il tuo articolo. Per esempio, hai embeddato un video dentro un post del tuo blog? Scriverlo nella meta description può essere un modo per convincere il lettore a cliccare quando trova il tuo contenuto nella SERP di Google.
SEO tip: ottimizzare i microcopy nei punti chiave dell’interfaccia può migliorare non solo l’esperienza utente, ma anche metriche SEO come il tempo di permanenza, il tasso di conversione e la navigabilità generale del sito. Ecco perché è importante considerare anche il rapporto tra questi microtesti e il SEO copywriting.
Case history che fanno scuola: microcopy che ispirano
Se ancora hai dei dubbi, adesso vediamo qualche esempio reale per mostrarti come e quanto i microtesti possano essere strategici.

Il primo esempio viene da un’app che forse sta andando in background mentre leggi questo articolo, ovvero Spotify. Siamo nella homepage e ci mettiamo nei panni di un utente che non ha ancora né effettuato l’accesso né mai creato la sua playlist. L’obiettivo di Spotify è cercare di attrarlo e di convincerlo a iniziare il suo viaggio dentro Spotify. Come si fa?
Attraverso una CTA – in alto a sinistra – che è diretta e immediata “Crea la tua prima playlist”, ma soprattutto è accompagnata da un microtesto a effetto: “È facile, ti aiuteremo”. Poche parole che rassicurano l’utente. Poco importa che non sappia cosa fare, quali brani scegliere: Spotify lo aiuterà. E come glielo comunica? Parlando non attraverso una terza persona singolare che crea distacco, ma usando il “noi” che crea inclusione, calore, vicinanza.

Anche in questo caso siamo su una home page, quella di WeRoad che, come forse saprai, organizza viaggi di gruppo. Ci concentriamo sulla call to action che è subito dopo la promozione in atto al momento in cui stiamo scrivendo. La CTA dentro il pulsante è “Clicca che poi te ne penti”.
Dà del tu all’utente, entra in confidenza e soprattutto punta su un timore molto diffuso oggi: la FOMO, Fear of Missing Out, la paura di perdersi qualcosa, in questo caso un’occasione a cui gli altri (è sottinteso) non stanno dicendo di no. Il che fa anche il paio con una delle leve della persuasione di Robert Cialdini ossia quella della riprova sociale che qui non è palese ma sottintesa. Di persuasione e degli altri principi di Cialdini ne parlavo anche in questo articolo sul copywriting per ecommerce, per scrivere testi persuasivi che vendono. Del resto, cosa sono i microcopy se non micro testi persuasivi?

L’ultimo esempio lo vediamo guardando alla SERP che Google restituisce quando un utente sta cercando Trello, strumento di organizzazione del lavoro. In questo caso ci concentriamo su un altro tipo di microtesto: il title o titolo SEO. Come vedi, Trello dà subito del tu all’utente e gli fa capire a cosa serve quel tool: Registra, organizza e gestisci i tuoi task ovunque tu sia. Il microcopy è diretto, immediato, efficace e si basa sui bisogni dell’utente.
Pensaci bene: anche se l’utente non dovesse sapere esattamente cos’è Trello (magari ne avrà sentito parlare da qualcuno o lo ha letto da qualche parte), dalla SERP arriva subito a capire, in una manciata di parole, a cosa gli può servire.
Regole base per scrivere microcopy efficaci
Alla luce degli esempi che abbiamo fatto, forse ti starai chiedendo: “come faccio a capire che il mio microcopy funziona?”. Ecco alcune best practice che ti aiutano a capire se la strada che stai percorrendo è quella giusta.
Ogni microcopy deve essere:
- chiaro e specifico: per evitare ambiguità e generalizzazioni. L’utente deve capire subito cosa succede.
Esempio: invece di “Clicca qui”, usa “Scarica il report completo”; - breve ma significativo: ogni parola conta. Per questo è fondamentale trovare il giusto equilibrio tra essenzialità e personalità.
Esempio: invece di “Procedi alla fase successiva del processo di registrazione”, meglio “Continua con la registrazione”; - avere un tono coerente col brand: a volte essere ironici può essere fuori luogo. Il tono deve essere in linea con i valori e il linguaggio del marchio.
Se il tuo brand ha un tono amichevole, usa “Ci siamo quasi! Ancora un passaggio” invece di “Compila i dati mancanti”.
Però ricorda l’esempio di Canva: un testo in una pagina di caricamento come “Stiamo sistemando i cuscini per il brainstorming” non è adatto a tutti i brand, non a chi ha un tono di voce freddo e istituzionale. Bisogna quindi sempre tenere in considerazione il proprio tono di voce e le nostre buyer personas, ovvero a chi ci rivolgiamo. Il rischio è quello di non essere riconoscibili, di snaturare il brand e non parlare più la lingua dei nostri utenti; - attinente al contesto: ogni microcopy vive dentro un’interazione. Va scritto tenendo conto del momento specifico e dello stato d’animo dell’utente.
Esempio: durante un errore di pagamento, può essere più adatto “Ci spiace, ma qualcosa non ha funzionato. Controlla i dati inseriti o riprova più tardi” anziché un freddo “Errore di sistema”; - testato: un microcopy non è scritto sulla pietra. Vale a dire che può essere modificato se si vede che non funziona. Piccoli cambiamenti possono avere grandi effetti sulle tue performance. Fai delle verifiche con degli utenti “tipo” vedendo come reagiscono di fronte al microtesto.
Microcopy e brand identity: voce, presenza e relazione
Nel lavoro di costruzione di un’identità di brand, spesso si parte dai colori, dal logo, dalla visual identity. Tutto giusto. Ma se la voce con cui parli all’utente non è chiara, coerente e riconoscibile, il rischio è quello di apparire anonimi e quindi di non apparire del tutto.
I microcopy sono un touchpoint prezioso proprio perché vicini all’azione, spesso decisivi. Parlano al posto tuo quando non ci sei. Trasmettono attenzione, tono e personalità, anche in sole tre parole.
Per questo ogni microcopy dovrebbe fare tre cose:
- Riflettere il tono del brand: senza forzature, senza rincorrere l’effetto wow a tutti i costi
- Guidare e rassicurare l’utente: nel momento giusto, con la parola giusta
- Aggiungere valore all’esperienza: non essere solo funzionale, ma memorabile
Solo così possono essere un valido punto d’incontro tra UX writing, branding e strategia di contenuto.
Checklist finale per un microcopy efficace
Ti lascio quindi una piccola checklist per capire se in effetti hai scritto il microcopy giusto.
Poniti queste domande:
- È breve ma d’impatto?
- È coerente col tono del brand?
- Rassicura e guida l’utente?
- Tiene conto del contesto e del momento?
- È stato testato?
Se hai risposto “sì” a tutte le domande, potrai essere certo che il tuo microcopy funziona.
Ma prima di chiudere davvero, fanne un’ultima: ti rappresenta?
Perché, in fondo, anche se minuscolo, un microcopy è sempre la voce con cui scegli di farti sentire. E allora tanto vale che dica qualcosa di bello, utile e sincero. Se riesci a fare questo, anche in tre parole, allora non hai scritto solo un testo: hai creato una relazione.